Non potevano stare lì, non potevano leggere la pec, non potevano convocare il Core (comitato operativo regionale per le emergenze) all’Aquila, non potevano. Così dice la Regione Abruzzo in tutte le lingue e in tutte le salse per giustificare una lunga serie di inadempienze e di responsabilità sulla tragedia di Rigopiano.
Non potevamo perché c’era l’ordinanza del prefetto che ordinava lo sgombero di tutti gli uffici pubblici dell’Aquila causa terremoto: una difesa d’ufficio adottata già nei giorni immediatamente successivi al 18 gennaio 2017, il giorno di quella maledetta valanga, e affidata ai vari fedelissimi del presidente che l’hanno fatta rimbalzare a martello su Facebook.
L’Aquila era off limits, per ordine del prefetto. Ecco perché la Regione convoca il Core a Pescara, ecco perché la famosa pec dell’albergatore, quella con cui si notificava la massima allerta per l’hotel, il suo isolamento e la necessità di evacuare tutti gli ospiti, viene letta solo cinque giorni dopo: una lunga serie di giustificazioni appese a quell’ordinanza.
Ma è possibile? Possibile che sia così e che si faccia appello all’ordinanza del prefetto? No, non è possibile, e Maperò vi spiegherà il perché.
L’ordinanza non valeva per tutti e per tutto, proprio no. Il prefetto lo scrive chiaro e tondo: “Devono essere assicurati i servizi di emergenza”, e invece la Regione salta a piè pari quel passaggio.
E poi non è vero che tutti i dipendenti della Regione quel giorno si danno al fuggi-fuggi: l’avranno fatto presidente, assessori, alcuni dipendenti dell’ufficio di presidenza ma non di certo i dipendenti della Protezione civile che infatti nelle intercettazioni si lamentano del fatto che Luciano D’Alfonso abbia convocato il Core a Pescara.
Carlo Giovani:
“Però Claudio, sarebbe stato opportuno che il presidente venisse qui all’Aquila a fare questa riunione di oggi pomeriggio, qui all’Aquila anzi no opportuno, assolutamente obbligatorio perché le uniche informazioni che arrivano in maniera disordinatissima dappertutto stanno alla sala operativa”.
Ruffini:
“Carlo il presidente ha deciso così io mo non posso intervenire giovani: Silvio (Liberatore) non verrà a Pescara quindi non avremo le informazioni che ci servono”.
E poi c’è un altro aspetto sul quale è bene fare luce: è chiaro come il sole che lo sgombero per motivi di sicurezza, come il terremoto, non possa valere per tutti. Non vale per un chirurgo in sala operatoria, per chi opera nel campo del soccorso, come i vigili del fuoco, non vale per la Protezione civile. E infatti, nell’ordinanza del prefetto, diffusa il 18 gennaio alle 16.28, si dice che
“tenuto conto della frequenza ed intensità degli eventi sismici che nella mattinata odierna stanno interessando i comuni di questa provincia, preso atto degli straordinari eventi nivologici in corso sul territorio provinciale suscettibili di determinare gravi pericoli per la sicurezza della circolazione stradale urbana ed extraurbana con conseguente nocumento per la sicurezza pubblica e l’incolumità dei cittadini, ritenuto necessario scongiurare ogni situazione di pregiudizio per la pubblica sicurezza, ordina la chiusura di tutti gli uffici pubblici del territorio della provincia dell’Aquila con effetto immediato e sino al 19 gennaio 2017”
Ma poi c’è il passaggio che tutti hanno fatto finta di ignorare:
“Dovranno comunque essere assicurati i servizi di emergenza”.
L’ordinanza viene trasmessa al presidente della Regione Abruzzo, al presidente della Provincia dell’Aquila, ai sindaci della provincia e alle forze di polizia.
Ed è lo stesso capo di gabinetto di Luciano D’Alfonso a scandirlo in una mail inviata a tutti gli utenti regionali, il giorno dopo, quando la chiusura degli uffici viene prorogata:
“Dovranno comunque essere assicurati i servizi di emergenza”, scrive Fabrizio Bernardini, che aggiunge a mò di esempio:
“In Regione, per servizi di emergenza, si intendono non solo quelli di Protezione civile ma anche quelli del Genio civile, della sanità, dell’Agricoltura”.
Ma a maggior ragione quelli di Protezione civile, soprattutto in un momento in cui l’Abruzzo è sotto una tormenta di neve. E infatti alla Protezione civile all’Aquila sono tutti presenti.
Invece il Core non solo viene convocato con almeno due giorni di ritardo (l’Abruzzo era in codice s3, cioè di massima allerta dal 16 gennaio), ma viene convocato la mattina del 18 gennaio a Pescara e non all’Aquila verso le 10 di mattina, quasi in contemporanea con l’ordinanza di sgombero degli uffici da parte del prefetto. E infatti il comunicato del direttore generale Cristina Gerardis che dà notizia dell’ordinanza del prefetto Giuseppe Linardi, è delle 13.55 del 18 gennaio 2017.
Per la precisione sono le 10.43 quando Silvio Liberatore, il dirigente della sala operativa della Protezione civile, parla al telefono con Ruffini e dice:
Io sto facendo la nota per il presidente per convocare, perché qua Claudio le cose non funzionano più, il comitato operativo per le emergenze. Cioè la struttura che prende in mano l’emergenza quando è di carattere regionale e con il presidente che lo presiede e tutti gli enti competenti, con i rappresentanti con poteri di decisione.
Ruffini:
Ma tu stai mandando la lettera al presidente?
Liberatore:
Sto facendo la lettera, ho chiamato Mazzocca, Mazzocca ne ha parlato col presidente”…
E ancora:
Qua dobbiamo fare un tavolo perché sennò qua ci scappa il morto”.
E quindi alla fine il Core si tiene a Pescara alle 15.30, lontano dalla sala operativa dalla quale avrebbe ricevuto le schede di segnalazione di tutto ciò che stava accadendo nel territorio. Alla fine, persino la pec di Bruno Di Tommaso, l’amministratore unico della Gran Sasso resort, che viene letta da una impiegata della presidenza della Regione il 23 gennaio 2017, quindi cinque giorni dopo la tragedia, e che viene inviata a tutti gli enti e alla casella presidente@pec.regione.abruzzo.it della Regione Abruzzo alle 13.57, non viene letta da nessuno forse solo per qualche minuto.
ps: Neppure sul telefonino, dove tutti possono ricevere le mail, soprattutto in casi di emergenza.
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