Abbazia con vista Trabocchi, là dove terra e mare si abbracciano


Dalla Luna al Sole, attraverso due Porte: luce su San Giovanni in Venere a Fossacesia


di Valentina Coccia
Categoria: Incolta
21/05/2018 alle ore 12:13

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Dall'alto promontorio sul quale si erge, l'abbazia di San Giovanni in Venere a Fossacesia domina maestosa ed elegante quel lembo teatino, a soli due chilometri dall'abitato, in cui terra e mare si abbracciano, tra gli ampi appezzamenti di terrenno coltivati che circondano la verdeggiante altura costellata di ulivi - posti ad omaggiare la pianta millenaria situata ai piedi dell'edificio - e l'azzuro limpido e cristallino delle acque che delineano la meravigliosa Costa dei Trabocchi.

Alla dea Venere, secondo la tradizione, era dedicato l'antico tempio romano sul quale essa venne fondata, ed alla stessa divinità rimandano arcaici toponimi come il “Portus Veneris” che indicava il porto bizantino alla foce del Sangro e che ritroviamo oggi in quel “Golfo di Venere” col quale nominiamo quel tratto d'Adriatico.

Se già dal VIII al X secolo è registrata la presenza di una cella monastica, la costruzione vera e propria dell'abbazia è da collocarsi al 1015 ed è attributia al conte di Teate (Chieti, per l'appunto) Trasmondo II, i cui resti giacciono nella cripta dell'edificio. Tuttavia, l'aspetto odierno della struttura è dovuto a trasformazioni successive, quelle apportate dagli abati Odorisio II e Rainaldo rispettivamente tra il 1165 – 1204 (data attestata, la prima, da una iscirizione lapidea esposta nel chiostro) ed il 1225 - 30.

L'edificio costituisce una delle più vivaci espressioni cirtercensi in Abruzzo, dal particolare cromatismo conferito alla solida struttura dalla preziosa giustapposizione dei blocchi di arenaria e dei mattoni, alla caratteristica planimentra a tre navate absidate. Il presbiterio è sopraelevato sulla cripta, anch'essa a tre navate, impreziosita da affreschi duecenteschi attribuiti alla bottega del grande artista romano Jacopo Torriti, raffiguranti a destra Cristo benedicente in trono tra i santi Pietro e Paolo, Giovanni Battista e Giovanni evangelista, al centro Cristo fra i santi Giovanni Battista e Benedetto e, a lato, la Madonna in trono con il Bambino fra i santi Michele e Nicola di Bari, mentre nello spazio di sinistra Cristo in trono fra i santi Vito e Filippo.

Una galleria di ventotto eleganti trifore, scandite da sessantotto colonnine ornate di preziosi capitelli variamente decorati, delinea l'ampio e luminoso chiostro, ricostruito tra il 1932 e il 1935, che conclude i suoi tre lati congiungendosi al grande arco gotico del campanile.

Ciò che più colpisce della struttura, per la qualità stilistica e formale, è il prospetto monumentale del grande portale occidentale, i cui poderosi pilastri laterali sono ornati da splendidi rilievi in marmo bianco, eseguiti durante l'abbaziato di Oderisio. Essi mostrano diverse affinità con le lastre collocate sulla meravigliosa facciata di San Zeno a Verona del maestro Niccolò e proprio per l'alto livello qualitativo raggiunto, occupano un posto rilevante nel panorama artistico abbruzzese.

Le scene, disposte su due registri, a loro volta suddivisi in quattrio riquadri, narrano le storie della vita di san Giovanni Battista, santo cui la chiesa è dedicata insieme alla Vergine, incorniciate da eleganti motivi decorativi animali e da soggetti attinti sia dal sacro che dal profano.

E' al duomo di Termoli (CB) che rinviano invece le soluzioni plastiche adottade nella Deesis – una soluzione di orgigine bizantina, che prevede la raffigurazione del Cristo in trono tra la Vergine e il Battista - effigiata nella lunetta sovrastante il portale, realizzata nel XIII secolo, ovvero nella terza fase di interventi nel cantiere di Fossacesia.

L'abbazia di San Giovanni in Venere è un capolavoro sospeso: tra terra e mare, tra luce del giorno e tiepido chiarore notturo, variazioni luministiche che accarezzano i due portali, battenzandoli con i nomi di Porta della Luna, che nel solstizio d'estate è toccata dalla luce crepuscolare che rischiara così presbiterio e cripta, e Porta del Sole, in realtà una pura visione creata dall'irradiarsi dei raggi solari attraverso le aperture absidali, nel solsitizio d'inverno.

Un gioiello da contemplare, dunque, dall'alba al tramonto, muovendo il passo dalla sabbia al terriccio, aprendo le narici alla salsedine e all'humus, godendo a pieni sensi di quella strabiliante varietà nauralistica e culturale, che la nostra Regione può vantare.

 

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