Isis come Hamas? Tutte le angosce e gli svarioni degli 007 di Londra e Parigi


Delle due l'una: o nei servizi di mezza Europa si entra solo con raccomandazione o non ci raccontano tutto


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
20/06/2017 alle ore 07:33

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Era già noto ai servizi. Oppure, presto una perizia psichiatrica. E ancora: non è ancora certo se sia terrorismo legato al fanatismo religioso.

Sono i tre tediosi ritornelli che stanno accompagnando tutti gli attacchi terroristici degli ultimi mesi. Come una campana che, stanca e costante, segna le ore e i quarti d'ora, così in ogni episodio legato al terrorismo jihadista quelle tre frasi simboleggiano da un lato, l'impotenza di chi deve reprimere e, dall'altro, l'angoscia di chi rischia la vita. Ma un fascio di luce va puntato, a questo punto, non più su chi uccide bensì su chi dovrebbe difenderci.

Esiste una connessione, nelle modalità e nell'uso di cani sciolti ma direttamente ispirati, tra Isis e Hamas? Il primo a spendere due parole su questo possibile binomio fu il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in occasione di un discorso all’AIPAC (American Israel Public Affairs Committee). Erano le ore immediatamente successive al doppio attacco a Bruxelles del marzo 2016, quando ci furono le esplosioni all’aeroporto e gli attacchi nella metro. La tesi di Netanyahu era che in pratica il terrorismo salafita-jihadista direttamente riconducibile all'Isis presentava le medesime radici di Hamas.

“Il terrorismo – disse - non è causato dall’occupazione e dalla disperazione, ma dalla speranza, la speranza dei terroristi dello Stato Islamico di stabilire un Califfato islamico in tutta Europa e la speranza dei terroristi palestinesi che avranno successo nello stabilire uno Stato Palestinese nell’intero territorio dello Stato di Israele”.

Ma se questa è una tesi su cui sarebbe interessante aprire un confronto continentale (sereno ma franco), su un altro aspetto c'è poco da dibattere: gli svarioni di belgi, inglesi e francesi non sono opinabili. Salah Abdeslam è stato capace, da Bruxelles, di imbarcarsi da Bari per la Grecia. Ad Atene, come è noto da anni, è operativa una cellula per la falsificazione di passaporti. L'autore degli attacchi coordinati di Parigi del 13 novembre 2015 è riuscito anche a fare il percorso inverso, senza che nessuno lo abbia fermato. Il 22 marzo scorso, il 40enne che con un suv si è lanciato sulla folla del Westminster Bridge, a due passi dal Parlamento inglese, ha causato cinque morti e 40 feriti prima di cadere sotto la reazione dei poliziotti.

Molta, forse troppa, libertà in questo momento è concessa ancora in luoghi assolutamente sensibili? E come mai i servizi dei paesi membri faticano tremendamente a comporre un puzzle, con nomi, spostamenti e pianificazioni, nonostante rispetto al terrorismo palestinese ci sia un abisso tecnologico a favore di chi combatte l'Isis in Europa? Delle due l'una: o nei servizi di mezza Europa si entra solo con raccomandazione o non ci raccontano tutto.

Forse a Londra e Parigi non hanno chiaro un passaggio: l'esperienza delle forze di sicurezza italiane è robusta, non fosse altro perché da decenni in prima linea nel combattere la criminalità organizzata di mafia, camorra, n'drangheta e sacra corona unita. Magari questo pedigree potrà suscitare l'irritazione di Scoltand Yard, anche se dopo i recenti flop Londra farebbe bene ad abbassare il suo storico livello di supponenza e rimettersi, come tutti, in discussione.

L'unico modo per sconfiggere questi terroristi, aggiunse Netanyahu in quel discorso, è quello di unirsi insieme e combattere insieme. “Ecco come faremo: con unità politica e con chiarezza morale”. Cosa aspetta, dunque Bruxelles, ad accelerare per una difesa Europea che contempli lo scambio (vero) di link tra i servizi dei diversi Paesi?

 

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