C'è una grossa pubblicistica sul significato delle parole, sul peso specifico del logos, della favella o di come la politica medievale di questo secondo decennio degli anni duemila porta in grembo il suo non-essere. La si chiami come si vuole, ma il senso non cambia.
Nelle mille e più occasioni in cui si aprono le articolazioni per pronunciare un senso, serve riportare la mente a quando il logos non era ancora una conquista. C'erano i veti, gli impedimenti, alcune classi sociali non avevano accesso alla parola, ai diritti, alle opinioni. Come accade in alcune terre del mondo dove, ancora oggi, ci sono esseri umani senza diritto (vero) di parola.
Proprio perchè, quindi, il logos è sacro, proprio perché è quanto di più prezioso l'uomo abbia addosso, non può essere calpestato da certa politica. Quella, per intenderci, che svilisce categorie e professioni, che fa di tutta un'erba un fascio, che cambia idea a seconda della vicinanza delle urne o delle misere convenienze dettate dalla contingenza, che urla certe parole durante comizi o pseudo tagli di nastro.
Quella politica e quegli interpreti non fanno un danno solo alle terre che amministrano: quelle, in fondo, hanno già deciso da che parte stare alle prossime elezioni. Il danno lo fanno a loro stessi, alla loro picola inconsistenza e irrilevanza, al fatto che non danno il giusto peso e il rispetto che si deve alla cosa più grande che l'umanità abbia conquistato.
Ma lecito chiedersi a questo punto: una politica che insulta il logos che razza di politica è? (fdp)
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