Castellitto superstar


#IlTuttofare (Regia: Valerio Attanasio. Con: Sergio Castellitto, Guglielmo Poggi, Clara Alonso, Elena Sofia Ricci, Domenico Centamore, Mimmo Mignemi, Beatrice Schiros. Genere: Commedia)


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
28/04/2018 alle ore 13:09

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Valerio Attanasio è uno sceneggiatore (avrete visto la “genialata” di Smetto quando voglio) alla sua prima regia e, certo aiutato da un Sergio Castellitto in stato di grazia, ha dato un’ottima prova di sé nel dirigere questa commedia; a tratti tragica e spesso comica, espressiva, densa, che quando finisce pensi: la potrei rivedere anche subito. 

Il protagonista è Toti Bellastella, un “principe del foro”, come si dice per descrivere i migliori avvocati. Istrionico, esagerato, impermeabile alle reazioni altrui, egocentrico, bugiardo e capace di fingere qualsiasi convinzione o stato d’animo.

Di fronte a una corte togata, nelle aule giudiziarie o circondato da studenti universitari e ossequiosi assistenti e praticanti, fa uscire il meglio (o il peggio) di sé, le sue doti attoriali raggiungono l’acme.

Già, perché Toti è, ovviamente, non solo un legale straricco e arrivato, ma anche un professore universitario di diritto penale: assomma ruoli (non escluso quello del marito infedele di una donna potentissima e facoltosa, una impeccabile Elena Sofia Ricci) che gli consentono di fare della propria vita un crocevia di scambi, di denaro e altri favori, della sua professione un infallibile strumento per ottenere ciò che vuole, quando e come lo vuole. L’autore del tuttofare ha creato un personaggio degno del grande cinema italiano del secolo scorso, che riporta lo spettatore alle interpretazioni più convincenti ed anche amare di Sordi e Tognazzi. Bellastella sbaglia i nomi di tutti, in particolare delle persone che gli stanno più vicine, che lo servono come un sovrano; è un modo per sminuirle, per dimostrare che l’una vale l’altra.

Un espediente per manifestare superiorità, come faceva Totò: una cosa che fa ridere lo spettatore ma insieme, nella finzione, irrita il destinatario dell’errore.

La sua principale vittima, nel racconto mirabolante e surreale del film, è Antonio Bonocore (il giovanissimo Guglielmo Poggi, già visto fugacemente in Smetto quando voglio, ma che qui si mostra un ottimo attore). Vive con il padre ex sindacalista pensionato in una stamberga in campagna, ai margini della metropoli; conosce il sacrificio e la povertà, sa di potere contare solo su se stesso.

È un genio del diritto, snocciola i codici a memoria, è determinato a sfruttare le sue doti per ottenere il meritato successo professionale. Incappa però in Toti, che lo assume, con il benestare dell’onnipotente coniuge, a cui nella realtà è sottoposto ed alla quale spettano tutte le decisioni dello studio legale (apparteneva a suo padre e la fortuna del marito è appesa a questo filo, legata stretta all’ottimo matrimonio).

Capirà ben presto che il suo nuovo lavoro è qualcosa di articolato, di multiforme, comunque di molto diverso da quella cosa nobile e pura che si immaginava: da praticante avvocato e “cultore della materia” all’università a tuttofare, cuoco autista addetto alla spesa quotidiana. Ed è niente rispetto a ciò che Toti arriverà a chiedergli, per assecondare i suoi capricci.

Gradualmente, Antonio si renderà conto che dietro la patina dorata del mondo dove a tutti i costi ha voluto entrare c’è solo una enorme quantità di marcio. Il merito non vale nulla, ciò che conta è essere figlio della persona giusta, avere merce di scambio, non trovare scandaloso frodare il fisco, raggirare i giudici, ingannare – indifferentemente – tutti. Il film mostra di essere qualcosa di molto serio, descrive senza veli cosa succede ad un giovane capace nel nostro mondo, è pessimista fino all’ultimo.

Constaterete che (forse anche con il plauso del pubblico, che non può non amarlo) alla fine vince Toti e perde Antonio. Vince la furbizia sull’onestà, la truffa sulla bravura e sull’impegno. Ma soprattutto vince Castellitto che, si sa, è un bravo attore e regista, ma fino questo punto non era mai arrivato prima. La scena del colloquio con il camorrista in carcere è semplicemente superlativa, vi consiglio di concentrarci sul volto di Toti e non perdere una parola, una pausa, una ruga. Immagino che anche Attanasio si sarà divertito un mondo a guardarlo, per me è da applausi. 5 ciak quindi

 

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