La cosa positiva è che la manfrina sta per finire. Quella negativa (ma, dipende dai punti di vista) è che potrebbe andare tutto a scatafascio.
In mezzo c'è ancora il rimbombo della vocina stridula (perfetta per una imitazione del Paperino di Disney) di Roberto Fico che annunciava sorridente e impettito l'esito "positivo" dei suoi colloqui: il momento più esilarante delle esplorazioni ordinate da Mattarella.
Domenica vota il Friuli Venezia Giulia e così, già prima della direzione Pd, le carte saranno tutte sul tavolo del Capo dello Stato. E quello che abbiamo facilmente previsto all'indomani delle elezioni politiche sarà ben visibile a tutti. Persino ai più duri di comprendonio.
Perciò, al netto dei reciproci altolà, o
M5S e
Lega riusciranno a chiudere un accordo politico, seppur minimo, ma po-li-ti-co con quattro, cinque o sei punti ben chiari e condivisi, oppure le elezioni anticipate saranno l'unica alternativa praticabile. Magari con un bel Gentiloni balneare che ci accompagni ad una domenica di fine settembre o dei primi di ottobre.
Alla peggio, questa legislatura mai cominciata si trascinerà sino a quel
26 maggio 2019, giorno delle elezioni europee, che già da subito dopo il
4 marzo il
Quirinale ha cerchiato di rosso come soluzione del possibile stallo.
A muovere, sullo scacchiere, toccherà sempre ai grillini. Anche se il loro alfiere è nei guai, chiuso e impossibilitato a uscire da un angolo in cui si è ficcato da solo con quell'assurda riesumazione della "politica dei due forni" coniata da Giulio Andreotti.
La sceneggiata del governo col Pd di Renzi (perché quel partito è suo e di nessun altro!) non potrà produrre nulla di buono per i grillini. Anzi, sarà proprio Matteo da Rignano alla fine a lasciare il cerino in mano a Di Maio: giusto per poi accusarlo di manifesta incapacità.
Siamo infatti più che certi che Renzi pagherebbe di tasca sua pur di poter andare in giro a gridare agli italiani quanto siano inconcludenti, presuntuosi e sprovveduti i Cinquestelle. "Avete visto? Capisco che li avete votati cari italiani ma, vedete?, questi sono degli incapaci!": un tormentone già pronto per la campagna elettorale.
Ecco, la manfrina sta per finire. Se Di Maio (e chi lo consiglia) vuol uscire dall'angolo e sparigliare può solo guardare a Matteo Salvini e provare ad accordarsi con lui. Rinunciando alla pretesa di guidare il governo e accettando il "passo a lato" di Berlusconi. Altrimenti amen: si tornerà al voto.
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