E' nella forza espressiva del Cristo Risorto ritratto negli affreschi nella chiesa di San Panfilo a Tornimparte che l'arte di Saturnino Gatti (1463 – 1518 circa) si palesa in tutta la sua genialità, dando vita a quella che in molti definiscono una “piccola Sistina d'Abruzzo”.
Il grande pittore e sculture abruzzese, nativo di San Vittorio – ora Pizzoli, vicino l'Aquila – realizzò all'interno di questo edificio (una costruzione risalente all'anno Mille e poi rimaneggiata nei secoli a seguito dei numerosi eventi sismici che ne compromisero la staticità, di impostazione prettamente romanica, con aggiunte di stampo barocco ed una caratteristica pianta a quattro navate) un ciclo pittorico che si estende all'intera struttura absidale, dal registro inferiore, con scene della Passione di Cristo – Cattura, Flagellazione, Deposizione, Resurrezione - la Vergine Annunciata e l'Arcangelo Gabriele ai lati dell'arco, i Dottori della Chiesa ad alcuni Profeti negli intradossi, fino all'imponente immagine di Dio Padre in Gloria, che dall'alto della conca absidale campeggia possente sulla teoria dei santi e sui committenti ivi raffigurati, così come su tutti i fedeli che accedendo all'edificio, virano estasiati lo sguardo in alto. Le sacre raffigurazioni sono inquadrate all'interno di una rigorosa partitura architettonica, che nel sapiente uso della prospettiva ed in quelle cornici attentamente dipinte per dilatare in profondità lo spazio, offre effetti a tratti illusionistici.
Gli affreschi, considerati senza ombra di dubbio l'opera cardine all'interno dell'attività di Saturnino Gatti pittore, sono databili al 1491 e si configurano quale prima opera certa dell'artista giunta sino a noi. L'analisi stilistica va ad avvalorare la tesi secondo la quale egli ebbe un periodo di formazione alla scuola del grande Pietro Perugino, dove conobbe l'arte verrocchiesca, ampliando e aprendo poi la sua cultura anche agli influssi romani, senza trascurare tuttavia quei modelli abruzzesi assimilati durante il primissimo apprendistato presso un altro illustre abruzzese, Silvestro Giacomo da Sulmona, noto come Silvestro dell'Aquila.
Influssi, questi, rielaborati dal nostro maestro estroso ed irrequieto dando vita a risultati di grande originalità, tanto nelle scelte iconografiche quanto nel caratteristico linguaggio espressivo fatto di un segno preciso ma ritmico, che va a definire forme ampie ed esuberanti, colmate da colori intensi e squillanti, con personaggi dalle peculiari fisionomie delineati da abiti ampiamente panneggiati.
Il Gatti svolse la sua attività tra Abruzzo, Umbria e Calabria a cavallo del XV e del XVI secolo, nell’ambito di quella fortunata e fervida temperie artistica che animava la città de L’Aquila. Ambiti storico artistici, questi, che sulla scia della visione vasariana sono stati per un lungo tempo considerati minori e secondari, per essere poi riscoperti ed analizzati da storici di spessore come Ferdinando Bologna, che con i suoi studi ha saputo restituire alla figura del nostro artista e a questo intero territorio, “incrocio fertile di presenze autorevolissime del Rinascimento fiorentino e italiano”, il giusto spessore nella storia dell'arte nazionale.
La figura di Saturnino si colloca a metà strada tra il colto e l'incolto, noto com'è agli studiosi del settore e ancora poco conosciuto al grande pubblico; a noi spetta il compito di divulgare tali saperi, valorizzando personaggi come il Gatti e siti come quello di Tornimparte, non per mera smania turistica ma affinché il nostro patrimonio diventi tratto identitario, distintivo di una comunità, prendendo spunto proprio da questo artista che seppe apprendere ma poi imporre se stesso e la vivacità abruzzese in Italia, giungendo alla corte di un sovrano come Federico da Montefeltro al pari di un genio quale Piero della Francesca.
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