Non c'è traccia da seguire, solo tratturi senza un navigatore. Il rimpasto alla Regione Abruzzo sembra come quelle passeggiate iniziate su una statale e finite in stradine impraticabili. Annunci, scopi, obiettivi che in un battito di ciglia si tramutano in un nulla di fatto. Ma con, nel mezzo, una macchina da gestire che muove 3 miliardi di euro: mica noccioline.
E allora, vedere che Giorgio D'Ignazio è un nuovo assessore della Giunta regionale, in sostituzione di uno tra i due dimissionari Andrea Gerosolimo di Abruzzo Civico e Donato Di Matteo di Regione Facile, non ha un vulnus in sé: ci mancherebbe. Qui facciamo analisi politica, non critiche personali.
Ma presenta un aspetto metodologico che, ancora una volta, conferma tutte le perplessità sul manico gestionale: imbarcare per allargare e non anche per migliorare o per strutturare una visione è un errore blu.
A guidare la scelta di profili e di mosse su questo scacchiere ormai a un passo dalla disgregazione è la confusione e la paura. La paura di non aver mantenuto le promesse, di aver scelto di mollare il territorio perché sprovvisti di sufficiente spinta propulsiva, di aver puntato non solo sul cavallo sbagliato ma anche su un fantino un po'imbarazzato che non riesce proprio a galoppare, perché forse più ronzino del suo quadrupede.
E la conferma di una paura che ormai è faro amministrativo la si trova anche nella girandola di nomi che, a corredo, stanno prevalendo su scelte, strategie, intenzioni e visioni.
Nulla di cui stupirsi, intendiamoci: se ci fossero stati statisti a decidere, l'Abruzzo non sarebbe a questo punto del guado. Questo è certo.
twitter@ImpaginatoTw