Sarà così il centrodestra che verrà. Se mai ancora centrodestra sarà. Perché potrebbe non essere più così tanto di centro il futuro prossimo della coalizione che ebbe il suo perno, per un quarto di secolo, in Silvio Berlusconi e che il 4 marzo ha raccolto ancora una maggioranza relativa. Ciò che già si intravede chiaramente è una sorta di contrappasso.
Dove c'erano prima i berlusconiani gongolanti ci sono adesso i salviniani festanti. Siamo, insomma, passati dai berluscones ai salviniones: ovvero i filo-leghisti, i felpisti in pectore, annidati in Fi e in FdI che, come quegli altri fecero in precedenza, sgomitano, si fanno largo, si mettono già in mostra per sostenere le ragioni del loro "vero" leader.
Del resto, perché meravigliarsi? Hanno fatto tutto i dirigenti di Fi e Fdi: hanno lavorato tutti e tutti insieme e di buona lena per portare al successo Matteo Salvini. L'autolesionismo degli altri componenti la coalizione a tutto vantaggio del più giovane "barbaro sognante" si era subito manifestato nella composizione delle liste e in campagna elettorale: ovvero ove più era necessario.
La prosopopea e la supponenza di Forza Italia e la cultura della setta che domina i Fratelli d'Italia avevano infatti emarginato, allontanato e persino schernito tutto un mondo, una rappresentanza politica che era lì in attesa, pronta. Persone che sarebbe bastato soltanto coinvolgere per riuscire ad ottenere un diverso e migliore risultato.
Invece i geniali tafazzisti di Fi e Fdi non hanno pensato alla politica, ma a consumare vendette postume, ad allontanare dai territori e dalle liste ex parlamentari ed esponenti radicati, rifiutando di candidarli persino nelle zone a rischio pur di favorire cortigiani e cortigiane senza passato né presente né futuro. È così che Salvini s'è inserito. Ed é così che ha vinto la partita tutta interna al centrodestra.
Ragion per cui, adesso, potrà dedicarsi al nuovo che verrà: un po' partito della Nazione, come lo sognò Renzi facendo innamorare Berlusconi e un pò Movimento di protesta e d'opinione con quel tanto di populista e pure di straccione.
Un moderno agglomerato da contrapporre alle sinistre terzomondiste e al potere straripante della finanza e dei banchieri. Un progetto cui lavora da tempo Giancarlo Giorgetti, il Richelieu di Matteo, che sembra aver metabolizzato gli insegnamenti di Pinuccio Tatarella. E che quindi è già pronto ad accogliere tutti, anche i salviniones, nel nuovo partito. Quello che verrà.
twitter@ImpaginatoTw