Non è saggio, né elegante, iscriversi alla corposa squadra di chi oggi vorrebbe vedere l'ex presidente francese Nicolas Sarkozy alla Bastiglia, come se fossimo ancora nel 1789. Ma certamente l'occasione dei suoi guai giudiziari può essere utile per ragionare a mente fredda e senza polemiche su quali conseguenze abbiano prodotto i suoi sorrisi su Roma e le sue bombe su Tripoli.
Il punto su eventuali reati commessi sarà fatto dalla magistratura d'oltralpe, ciò che interessa il vecchio continente è il terreno di macerie prodotto da alcune politiche di Sarkò.
L'asse con Berlino, portato in evidenza in maniera così spocchiosa (e in apparenza autorevole) fu l'anticamera alla crisi dell'euro. In quei mesi la convinzione che il mantra dell'austerità (senza stimoli alla ripresa) fosse l'unica via di fuga era sostenuto solo da Berlino e Parigi, meno da imprese e cittadini. Quelle stesse imprese e quegli stessi cittadini che poi si sono “vendicati” nelle urne elettorali di Francia, Germania, Italia, Inghilterra.
Il referendum sulla Brexit è stato un chiaro segnale di insofferenza sociale, così come le percentuali raggiunte dal M5S in Italia, dalla buona performance di Marine Le Pen in Francia, assieme alla fatica con cui la Cdu di Angela Merkel ha vinto le elezioni, con numeri ben inferiori a quelli precedenti.
Al di là della proposta alternativa, definita per comodità giornalistica “populista”, resta il fatto che sacrifici immani sono stati chiesti a milioni di cittadini europei senza però che le cose siano state davvero raddrizzate, come dimostrano i numeri ambigui della Grecia, le tasse alle stelle che persistono in Italia (accanto alle clausole di salvaguardia) e i voucher che sono stati concessi, ad esempio a Berlino, sul solito surplus di bilancio.
Di contro la Francia post Sarkozy e post Hollande è davvero in un mare di guai, altrimenti i francesi non avrebbero votato in massa per il partito che non c'era di Macron. Sul punto ci sarebbe ancora molto lavoro da fare e non solo al livello intellettuale con il dibattito sulla sovranità o sugli spunti dei padri fondatori dell'Ue, come Adenauer, Spinelli e De Gasperi.
Qui c'è un continente che è stato ingoiato dalla globalizzazione, dove gli slip cinesi hanno distrutto il tessile di Prato e il calzaturiero del Salento, dove la mozzarella farlocca viene dalla Cina, dove gli operai che vivono nelle banlieou parigine sono neri di rabbia per commesse che non arrivano più.
E allora? La politica estera, piaccia o meno, si interseca con i tratturi della vita comune. Le bombe francesi sganciate in Libia, la cui decisione fu comunicata a cose fatte per telefono all'allora premier italiano, hanno avuto il solo scopo di coprire, con piombo e fuoco, una montagna che è ovviamente e fisiologicamente tornata a mostrare il proprio terriccio.
E che ha servito solo gli interessi personali di Parigi, lasciando un'intera regione nel caos e preda dell'Isis. Un fatto oggettivo, che i modesti inviati dell'Onu Leon e Kobler hanno certificato e affrontato con pacata apatia.
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