C'è una foto di qualche anno fa che rispecchia il crollo elettorale del Pd, soprattutto in Abruzzo. Ritrae l'allora capitano della Roma, Francesco Totti, che dopo averne fatti quattro all'avversario di sempre, la Juve, “consigliava” con la mimica manuale una onesta e dignitosa ritirata. “A casa”.
Ecco, in Abruzzo gli elettori che hanno scelto Lega e M5S sono come Totti: semplicemente hanno invitato il partito che amministra la Regione e gran parte delle amministrazioni a farsi da parte perché hanno preso troppi gol.
Ma come, ci si chiede nelle piazze abruzzesi, nei mercati, negli uffici e nei capannelli sul lungomare di Pescara: non erano loro i campioni dei fondi Ue, dei tagli di nastro, dei finanziamenti “ottenuti da Roma per l'Abruzzo”? Come la mettiamo?
E adesso, per recuperare i voti persi, chi guida il Pd abruzzese annuncia un centrosinistra il più largo possibile. Quindi fino ad oggi è stato stretto? E per volere di chi? E se è stato stretto, tanto stretto da non farci entrare nessun altro oltre a quelli dell'inner cicle, rimanendo così isolato e ibernato, chi ha scelto la strada sbagliata sia messo nelle condizioni di non sbagliare più.
Come quella Juve dopo la sconfitta contro la Roma nel febbraio 2004, il cui allenatore pagò fio. Ma non per una rivalsa personale o per favorire un esponente della corrente opposta. No, non è con queste piccinerie da bassa cucina che si riconquisterà un territorio che si sente tradito.
Bensì perché chi non fa bene il proprio mestiere, così come accade in un'azienda privata, deve essere chiamato a risponderne.
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