Sa che dovrà pedalare fino alla fine, Silvio Berlusconi. E, forse, pure dopo. Più si avvicina la domenica elettorale e più Matteo Salvini e Luigi Di Maio sembrano guadagnare terreno. E potrebbero addirittura risultare sottostimati e vincenti all'alba di lunedì prossimo.
Certo, entrambi sembrano scontare la sindrome dell'enfant prodige. Che evidentemente nei sondaggisti provoca più di una perplessità. È del resto una realtà che le ricerche ne manifestino un crescendo di consensi cui però corrisponde una netta ritrosia ad accreditarli come cavalli vincenti.
Vero è pure che i due poco o nulla fanno per mostrarsi all'altezza. Il Matteo Salvini che in piazza del Duomo giura sul Vangelo col rosario in mano suscita ironie e fa persino tenerezza per quanta studiata dabbenaggine ci mette nell'arrotare la voce con l'intento di infondere solennità ad una situazione comica.
Né più né meno del Luigi Di Maio che cerca, con la stessa baldanza con cui fa strage di congiuntivi, un'impossibile udienza al Quirinale per annunciare a Mattarella la sua lista di ministri presunti.
Ma, appunto, al netto di questi veniali peccati è un fatto che il loro credito si stia dilatando. Moltissimi italiani sono stanchi e nauseati. Percepiscono la quasi l'inutilità di un voto che difficilmente potrà cambiare le cose. Ma mentre gli altri si trastullano con le solite promesse roboanti e datate, Salvini e Di Maio hanno almeno il pregio di ripetere con chiarezza quel che vogliono e quel che non vogliono fare. Idee con le quali si può convenire o dissentire, ma non liquidare con una alzata di spalle.
Il leghista batte e ribatte sulla difesa prioritaria del lavoro italiano e sull'abolizione della Fornero pur sapendo che Silvio Berlusconi e il Partito popolare europeo non vogliono proprio toccarla la riforma delle pensioni dell'orribile governo Monti; il pentastellato continua a pigiare con altrettanta insistenza sui tasti del reddito di cittadinanza e del taglio delle odiose pensioni d'oro pur sapendo che le coperture sono più che incerte e che certi diritti acquisiti sono assai difficili da toccare.
Il Cavaliere è stato il primo a saperlo: il dato leghista non è così contenuto. Gli hanno spiegato che Salvini potrebbe avere un imprevisto exploit non tanto al Sud, dove Forza Italia sembra mantenere un certo vantaggio, quanto nelle ex regioni rosse. È la fascia dell'Italia centrale (Emilia Romagna, Toscana, Umbria e anche Marche) che potrebbe regalare la sorpresa di un massiccio voto alla Lega proveniente dai ceti più popolari delusi dalle sinistre inconcludenti e divise.
E gli hanno pure detto, sempre al Cavaliere, che da Roma in giù, tutti i collegi incerti e pure più di qualcuno precipitosamente già assegnato, dovrà contenderli fino all'ultimo proprio al Movimento 5Stelle.
Ecco perchè Berlusconi si prepara al rush finale moltiplicando sforzi e presenze. Matteo Renzi sembra sempre più fuori gioco e la grosse koalition alla tedesca rischia di evaporare ancor prima di nascere. Urge contenere quei due scapestrati giovinastri. Per questo l'imperativo è: pedalare! Fino alla fine. E, forse, pure dopo.
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