“Mamma li turchi” gridavano i giovani siciliani. Era il 1799 e così i picciotti tentavano di mettere in allarme le rispettive mamme perché si sporgessero dai balconi e lanciassero qualsiasi cosa (pesante o contundente) contro i marinai turchi che passavano di lì.
Altri tempi certo, quando non vigevano trattati internazionali, leggi e regolamenti. Ma oggi, alla luce dell'infrastrutturazione normativa che Stati e popoli si sono dati, siamo davvero sicuri che non vi sia il rischio di veder replicare certe condotte del passato, quando i pirati facevano scorribande nel basso Adriatico e nel Mediterraneo?
Ieri i saraceni, oggi i turchi e non è uno slogan, anche perché il terreno di scontro è lo stesso: il Mare Nostrum, ieri centro gravitazionale di scambi commerciali e snodi politici, oggi nuovamente punto strategico per il dossier energetico legato agli idrocarburi che sta disegnando nuove alleanze e determinando sviluppi geopolitici direttamente proporzionali alle aspettative di pil dei paesi che vi si affacciano.
Con una differenza: per la prima volta, forse, nella storia recente del secolo breve, spicca l'assenza degli Stati Uniti. Il primo dodecamino di presidenza targata Trump si è caratterizzato per l'attuazione di una promessa elettorale: meno attenzione Washington avrebbe investito nel Mediterraneo per spostare il proprio cono di azione nel quadrante orientale. Detto, fatto.
Lì ci sono i nuovi interessi dell'attuale inquilino della Casa Bianca, lì c'è la battaglia aperta con la Corea, lì si gioca la partita del risiko che conta, quello contro Cina e Giappone. Quante volte in Europa molti analisti ripetevano il ritornello che la presenza degi Usa era inquietante e troppo invasiva (vedi Sigonella)? Moltissime. Beh, oggi che gli Usa non ci sono gli stati membri come reagiscono?
Si sono dotati di una difesa comune europea? Hanno una voce unica relativamente alla politica estera e alla risposta da dare a pirati 2.0 come le fregate militari di Erdogan che hanno minacciato di speronare la nave italiana dell'Eni? Hanno disegnato con una visione comune cosa sarà l'Ue del 2030? Hanno stretto alleanze con quei paesi africani i cui destini si incrociano con il versante euromediterraneo? Si sono preoccupati di interfacciarsi in modo armonico con i nuovi potenti del mondo, come appunto Pechino, Tokyo e Mosca?
La risposta si trova semplicemente nei fatti che sgorgano da visioni monche, da unità solo di intenti e dal poco decisionismo che caratterizza gli eredi di Adenauer, Schuman e De Gasperi. Piaccia o meno, oggi in Europa, nel sonno generale che per una ragione o per l'altra ha attanagliato Berlino, Londra e Roma, spicca la fuga in avanti di Emmanuel Macron.
Il presidente francese sta spingendo su una politica estera pragmatica e funzionale ai propri interessi, complice la distrazione della cancelliera Merkel impegnata nella composizione del governo e la confusione che regna ormai sovrana a Downing Street.
Lasciamo stare Roma. E'meglio.
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