Dietro il suo addio al Pd c'è il malcontento per la gestione politica sul territorio. Pochi giorni fa l'assessore regionale all'urbanistica Donato Di Matteo ha lasciato il Pd, in attesa che “si possa ricostruire un partito di centrosinistra”. In una lunga lettera rivolta al segretario regionale, Marco Rapino, ha motivato il suo addio con un disagio nei confronti della governance regionale.
“Da quattro anni cerco di capire se vi siano o meno visioni politiche di centrosinistra legate al territorio – racconta a Impaginato Quotidiano - . Ad oggi vedo solo estemporaneità e nulla di strategico. Per cui, dopo aver sopportato questa situazione per troppo tempo, ho deciso di cambiare perché il Pd regionale ha perso i connotati del vero partito di centrosinistra”.
Adesso che succede? “Credo che la migliore soluzione per il nostro Abruzzo sia un grande movimento civico che torni ad occuparsi di temi basilari come il lavoro, la sanità, gli ultimi, le aree interne della montagna. Il governo regionale è mancato su strategie che guardino ad un regionalismo moderno, ad una sanità efficiente, che dia servizi all'entroterra. Tutti sforzi che devono essere elemento di supporto del nostro pensare”.
Sono giorni complessi e articolati per via della campagna elettorale, con le urne che si avvicinano. Ma come si ricostruisce un partito di centrosinistra? Anche evitando di commettere gli stessi errori?
Di Matteo non ha dubbi: “Con una vera conferenza programmatica, non con una farsa. Occorre riorganizzare e aggregare attorno ad un programma territoriale, con obiettivi ben efiniti legati ai temi”. Anche perché proprio i temi del singoli territori sono stati mortificati da liste discutibili, con la grande incognita dei paracadutati da Roma in Abruzzo, un'altra spia di emergenza.
“Accanto a quelli, la parte più negativa sta nel fatto che i vertici principali della gestione regionale piddina avrebbero dovuto candidarsi nei collegi uninominali, come ho spiegato più volte al segretario Rapino, con cui ho avuto un acceso dibattito. Personalmente vengo da una lunga storia politica e mi hanno sempre utilizzato nei collegi uninominali, per condurre una battaglia e per vincerla. Come ho sempre fatto. Mi sarei candidato se ci fosse stata la volontà del cerchio magico regionale del Pd, ma a queste condizioni no: loro si sono messi nei posti sicuri e gli altri rimasti come deficienti...così non va”, aggiunge.
Lecito chedersi ora: chi si avvantaggerà di questa condotta, il M5S? “Non credo, - osserva ancora - il punto è un altro: va aperta una discussione seria, non fosse altro perché negli ultimi quattro anni nessuno ha ascoltato i suggerimenti che sono stati avanzati. Credo che non serva a nessuno sentire le promesse del Governatore di volersi ridurre lo stipendio per un mese: piuttosto dica cosa cambierà nel partito. Ma la prima cosa che dovrebbe fare è dimettersi, assieme a D'Alessandro, anche perché si sono messi in due collegi sicuri. Già questo – conclude - sarebbe un segnale positivo per il territorio che i cittadini abruzzesi apprezzerebbero non poco”.
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