Il tempo…un interlocutore costante per ciascuno di noi!
Quando una coppia viene in mediazione, non è detto che sia il “suo tempo”, ossia quello della mediazione.
A volte è il tempo giusto per la moglie, ma non per il marito, o viceversa…e per figli? Beh per loro è sempre il tempo giusto: il tempo di essere finalmente “visti” davvero da entrambi, essere amati e “curati” in modo responsabile e condiviso, nonostante la frattura della loro famiglia e oltre la lacerazione affettiva dalla quale sono stati attraversati.
Il mediatore ha il tempo di formarsi per fare questo lavoro, di fare esperienza e di imparare a valutare quando sia il “tempo giusto” per la coppia di intraprendere un percorso, di sospenderlo, di ricominciarlo o di interromperlo definitivamente.
Nella stanza di mediazione il tempo ha un valore assoluto fondamentale: prima è il tempo dell’accoglienza, della conoscenza, della fiducia e poi, quello dell’impegno, della fatica, delle lacrime e a volte, anche dei sorrisi.
Il tempo in mediazione sa essere anche spietato: una domanda, una pausa, un argomento nel momento sbagliato ci fanno perdere il mediato e questo, semplicemente perché, non siamo stati capaci, noi mediatori di saper “vedere” le persone e quello che in quel momento ci chiedono.
Molto spesso confrontandomi con i colleghi, ci rendiamo conto di come non sia tanto quello che verbalizziamo alla coppia in stanza a segnare il confine tra una “buona ed una cattiva mediazione”, quanto piuttosto la modalità e la tempistica del nostro intervento.
Se siamo stati capaci di costruire una relazione, all’interno di quella relazione possiamo muoverci con i tempi ed i modi giusti, che saranno quelli dei vissuti e delle personalità dei nostri mediati, opportunamente miscelati con i nostri ovviamente.
Se, invece, non abbiamo saputo tessere con le persone che si affidano a noi, una rete in cui le stesse si possano sentire protette, non arriverà mai, né il tempo giusto nè il modo giusto perché la relazione di aiuto professionale non è quella giusta.
Quando una coppia racconta di essersi trovata bene con un mediatore non c è feedback migliore, così come purtroppo, quando racconta il contrario.
Anche noi mediatori dobbiamo colloquiare costantemente con il nostro “alleato Tempo”: chiederci se è il tempo giusto per cominciare, continuare o interrompere il nostro lavoro.
Il “tempo giusto “ per fare il mediatore è sicuramente un tempo maturo di incontro e di dialogo autentico con se stessi e poi con gli altri, un tempo supportato, sicuramente da un bagaglio di strumenti tecnici ma al tempo stesso di competenze trasversali e di risorse personali senza le quali forse non è ancora o non più il tempo giusto per essere e fare ancora mediatori familiari!
Il tempo, insomma, è uno specchio che riflette nella stanza di mediazione, il senso contingente delle nostre vite e di quelle delle persone con le quali lavoriamo.
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