E mattanza fu. Lasciati nelle grinfie del Rais Niccolò Ghedini e senza poter contare sul supporto amicale e persuasivo di Gianni Letta, stavolta del tutto fuori dai tavoli delle candidature, per gli ex parlamentari aennini, migrati in Forza Italia ai tempi del tradimento finiano del 2010, la composizione delle liste berlusconiane si é rivelata una vera e propria di camera della morte.
Senza scampo. Ma anche senza rumore. Perché a fronte di altre urla, di altri strepiti e di successivi ripescaggi, i "tonni" dell'ala destra forzista hanno accettato e subìto la decisione praticamente senza reagire, senza neppure dibattersi.
Quasi si trattasse dell'ineluttabilità del destino.
E così alla fine, dopo le normali rassicurazioni, le telefonate e dinieghi, l'unico degli ex che è riuscito a sgusciare via dalle reti gestite da Ghedini e a salvarsi è stato Maurizio Gasparri che infatti tornerà a Palazzo Madama.
A lui - che avrebbe potuto essere davvero l'agguerrito competitor di Zingaretti alla guida della regione prima della decisione di optare per il non-competitor Parisi - è andato il collegio sicuro del Senato Lazio2.
Agli altri, niente di niente. Zero assoluto. Depennati e sbianchettati con fredda e lucida determinazione. Tanto per dire: ad Arcore Silvio Berlusconi ha addirittura trovato un posto (Puglia) pure a Domenico Scilipoti, il transfuga dei transfughi, uno che in gioventù, in quel di Terme Vigliatore, paesino del messinese, ricordano persino fervente missino.
Al contrario, nulla è stato trovato a chi da Alleanza nazionale proveniva. Epurazione in salsa sovietica. Fuori, quindi, il veneto Alberto Giorgetti, fuori l'umbro Pietro Laffranco, fuori l'abruzzese Fabrizio Di Stefano e fuori i due pretoriani romani Marco Martinelli e Francesco Aracri. Rais Ghedini ha potuto selezionare e arpionare le prede a suo piacimento, del tutto indisturbato e senza alcuna reale contestazione.
E' un fatto, del resto, che la scomparsa nel recente e terribile incidente stradale di Altero Matteoli, deus della destra Toscana e da sempre nelle grazie del Cavaliere, ha consentito all'avvocato curatore delle liste di Forza Italia tutto il potere discrezionale necessario.
Ciò che con l'Altero vivo non sarebbe mai potuto accadere è accaduto. Mattanza doveva essere. E mattanza fu.
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