Quando nasci in una terra generosa, quando nel tuo vivere ci sono ricordi di estati calde passate all'aperto, spesso consumando merende al sapore di frutta raccolta direttamente dall'albero, di pane col pomodoro o del più semplice pane e olio, pensi che quella sia la normalità.
Pensi che tutto il mondo conosca mare, collina e montagna in una frazione spazio temporale inferiore all'ora.
Pensi che tutti conoscano il riflesso della neve sui tetti delle case di pietra, che tutti ne conoscano la silenziosa magia. Pensi che tutti sappiano immaginare cosa voglia dire scorgere dal mare, l'imponente vetta del Gran Sasso d'Italia o della Majella.
Non è così. L'Abruzzo è questo, è per (la) sua Natura un privilegio.
Da qualche tempo ormai più famosi settimanali esteri celebrano questa regione, il suo stile di vita lento ed isolato, i suoi incantevoli e variegati paesaggi, l'enogastronomia e la tipicità dei piccoli borghi che punteggiano tutto il territorio dal mare alla montagna. Proprio da uno di questi, da Ofena (AQ) situato in una conca nota come il “forno d'Abruzzo” arriva il vino di cui scrivo oggi.
Le vigne sono localizzate ad un'altitudine di circa 380 mt slm, spalleggiate dalla parte di montagna che arriva fino al Calderone, il ghiacciaio perenne più a Meridione d'Europa, risulta quindi piuttosto immediata l'associazione con importanti escursioni termiche e con correnti d'aria fredda che si muovono verso valle, condizioni queste, che sono un toccasana per i vini in special modo per quelli bianchi.
Nel calice infatti, incontriamo un vino color giallo paglierino, lucente con una consistenza non troppo evidente. Sono i profumi al naso ad essere molto intensi. Un freschissimo fruttato di mela verde e di pompelmo rosa, per poi virare e creare nella mia testa un'idea di bianca leggerezza.
Il vitigno è il Pecorino, autoctono negli Abruzzi e nella Marca bassa e diffuso in tutte le terre abitate dai Piceni. Si esprime in questa versione con una delicatezza che definirei soave, ha un'alcolicità non troppo elevata, tuttavia la mineralità espressa chiaramente, è perfettamente allineata.
Ho bevuto un Pecorino Giulia 2016 di Cataldi Madonna, col senno di poi (col quale notoriamente siamo tutti molto bravi), credo che la piacevolezza di quel vino potrebbe essere amplificata e migliorata con un anno ancora di attesa.
C'è da dire che con l'antipasto di crudi di pesce con cui l'ho abbinato si incontrava in giusta armonia, senza aggredire eccessivamente gli scampi crudi o le seppioline aromatizzate alla scorza di limone, ma si sa questi sono vini che riescono a parlare anche dopo qualche tempo e a volte si esprimono anche meglio.
L'azienda rappresenta un baluardo enologico della zona anche per la lunga storia che la caratterizza e che la vede operativa già nel 1920. Attualmente a capo c'è il Prof. Luigi Cataldi Madonna, innovatore e persuaso dell'importanza dell'equilibrio vitale di ogni pianta, affinché si esprima al meglio nei suoi frutti e conseguentemente nel vino, che viene lavorato in cantina proprio nel massimo rispetto di tali principi.
Aziende e vini come questi sono testimonianza diretta che esiste un indissolubile legame che segna chiunque viva questa terra. L'Abruzzo è un privilegio: nei suoi colori, nei suoi profumi, nei suoi paesaggi, nei suoi sapori e nelle mille contraddizioni di questa terra tenace e talvolta sfortunata.
Di questo privilegio, dovremmo farne vanto e non dimenticarlo mai.
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