Le macerie di Rigopiano e quelle di una Regione (con la sua classe dirigente)


Servirà più di più tre turbine distribuite ai paesini di montagna o dei finanziamenti per ponti e cabinovie


di Lilli Mandara
Categoria: ABRUZZO
18/01/2018 alle ore 16:36

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Un anno dopo tutto è come prima. Le macerie, che non sono solo quelle dell’hotel Rigopiano, le macerie di una Regione e di una classe dirigente inadeguata, inefficiente, superficiale e arretrata. L’inchiesta, che a parte i 23 indagati eccellenti, il trasferimento del prefetto Provolo sul quale è caduta la responsabilità più pesante, il passaggio del fascicolo nelle mani di un altro e più attento procuratore, è destinata a disperdersi in mille e inutili rivoli: si indaga a ritroso, sempre più più a ritroso, si naviga controcorrente fino al 1998 e quindi verso reati sicuramente prescritti.

Il senso di responsabilità, che non c’era prima e non c’è adesso. I piani di emergenza e prevenzione, che non portano voti e quindi lasciamo stare. “Mai più” dice il cartello affisso davanti all’hotel con le foto delle 29 vittime. Che serva almeno a questo la tragedia di Rigopiano, che il sacrificio dei nostri cari serva a salvare altre vite, pregano i familiari nelle ore di dolore. Ma no, no che non servirà.

Non servirà perché la prevenzione non paga, perché c’è l’ennesima campagna elettorale in corso e allora servono molto di più tre turbine distribuite ai paesini di montagna o i finanziamenti per ponti e cabinovie oppure, ancora meglio, le foto col ministro piuttosto che piani di emergenza e Carte valanghe.

Non servirà perchè la memoria è fragile e chi gestisce il potere sa che dovrà trattenere il respiro ancora per qualche giorno, e poi questa settimana di commemorazioni, inviati, paginate sui giornali, interviste interminabili ai sopravvissuti, istant-book e lacrime varie finalmente finirà, e tutto sarà come prima. Anzi, finirà già domani, scomparirà e si tornerà a parlare di elezioni, candidature, poltrone e sondaggi: basta aspettare dai.

Trattiene il respiro, la classe dirigente, spegne la tv che oggi ci racconta la marcia dei parenti delle vittime, loro sì che nutrono ancora la speranza che almeno si faccia giustizia, che almeno questa tragedia insegni qualcosa, domani è un altro giorno.

Tutti dovevano fare qualcosa che non hanno fatto: prefetto, presidente di Provincia, di Regione, sindaci. Tutti hanno fatto nei giorni precedenti la tragedia, qualcosa che avrebbero potuto evitare di fare: comunicati roboanti, esibizione di mezzi, di tutt’apposto, di ghepensimi, di felpe pesanti, di selfie, di sale sparso a volontà, la turbina mandatela lì che è il mio paese o di là che c’è l’amico mio, tutti.

Quindi troppi, i presunti colpevoli, per incasellare responabilità penali. Che tanto poi, delle responsabilità politiche e morali ce ne scorderemo in fretta.

E così, nella regione di montagna dove a gennaio dello scorso anno la neve aveva preso a cadere da giorni e dove le allerta meteo segnalavano da tempo i pericoli di valanghe, l’Abruzzo ha fatto cilecca. La gestione dell’ordinaria amministrazione, ordinarissima per una regione di montagna, ha messo in luce l’arretratezza, la vulnerabilità, il tiriamo campare e il drammatico ritardo delle istituzioni in materia di soccorsi, di piani di emergenza e di prevenzione.

E la funzionaria della prefettura che risponde “è una bufala” senza essere attraversata da un dubbio o la dirigente che esige di parlare con i sindaci sono la copia esatta dei presidenti di Regione e di Provincia che inondano le foto di inutilissime riunioni, dove si parla di emozioni, della lotteria delle turbine e la parola Rigopiano non viene mai pronunciata.

L’Abruzzo è ancora questo qua e Rigopiano oggi, a distanza di un anno non è servito a niente. Lì, sotto quella valanga, sono state seppellite per sempre 29 vittime e insieme a loro la serietà e la credibilità di una regione che non cresce e che non si affranca dai familismi e dagli abusi, dalle raccomandazioni e dalla politica a basso prezzo.

L’inchiesta, se mai riuscirà a individuare le responsabilità di quella tragedia, farà giustizia solo di una parte di questa grande, enorme ferita.

 

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