Dopo il cinepanettone di ordinanza (ho scelto però il campione di incassi, il film di Brizzi, che addirittura ha superato Star Wars nel week end di Natale!) mi dedico (per contrasto ed antidoto) ad una raffinata produzione francese che vi raccomando di non perdere, se avete voglia di una riflessione intelligente ed ironica sul radicalismo religioso che purtroppo infesta la nostra attualità.
La regista è iraniana ma vive a Parigi sin da ragazzina: ne ha assorbito quindi un sano senso di laicità ed uno sguardo (rispettosamente) critico nei confronti di chi (molti, e appartenenti a diverse confessioni religiose) crede di disporre della verità assoluta e di potere di conseguenza disporre delle vite degli altri (soprattutto di quelle delle donne…tanto per cambiare).
I protagonisti, una coppia di universitari innamorati, sono pure originari dell’antica Persia, e coltivano l’ambizione di andare oltreoceano, a New York, per una borsa di studi all’ONU. Un sogno che si realizza per entrambi; ma a ostacolare il loro progetto di vita arriva inaspettatamente il fratello di lei. Divenuto irriconoscibile anche fisicamente (barba lunga e sguardo corrucciato) dopo un soggiorno “istruttivo” (o “distruttivo”?) nello Yemen. Il ragazzo si è radicalizzato coi fratelli musulmani e si è convinto di dovere piegare anche la sua famiglia, ed in particolare la super progressista sorella, ai (presunti) voleri di Allah.
Il gesto di sopraffazione di bruciare il passaporto fa capire a tutti che purtroppo Mahmoud non scherza. E dunque: a mali estremi, estremi rimedi. Quale mezzo migliore di un burqa per nascondere agli occhi del neo-fanatico integralista il fidanzato di Leila? Armand, voce in falsetto, guanti neri, saio super coprente. Una ripassata della dottrina più estrema.
Tanto è ben orchestrato l’inganno che il povero Mahmoud non solo si invaghisce di lui/lei, ma addirittura lo/la pretende come sposa, inebriato dalla sua totale fedeltà ai dettami più severi della religione. Tutto il racconto è una sonora ma raffinata presa in giro delle regole e regolette che a dire il vero caratterizzano trasversalmente ogni fanatismo e non solo confessionale. Insomma, fa veramente ridere, ma insieme non risparmia schiaffoni a nessuno, nemmeno ai genitori di Armand, due colti progressisti iraniani, ex comunisti, in continua lite sul passato, su chi ha sbagliato cosa e sul perché l’Iran sia diventato un luogo di negazione di libertà.
Bello lo sfondo della Francia, dove girare velate è vietato e dove una donna con il burqa oltre che rischiare la multa viene comunque guardata male. Giusto o sbagliato non si sa. Ma la regista, in fondo, prende in giro anche un po’ questo di integralismo, l’estremismo della laicità (la scena in autobus con le signore parigine che tempestano di perché Armand travestito da perfetta musulmana è molto divertente).
Oltralpe il film ha avuto un grande successo; al cinema ho visto parecchia gente andarci, ma leggendo i commenti sui social mi sono resa conto che il livello di comprensione non è stato molto elevato. Io vi raccomando di guardarlo con la leggerezza che merita ma insieme con la consapevolezza che lo strumento migliore per parlare delle cose serie è una sana e irriverente risata.
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