E'come se non esistesse, come se fosse in un altro Stato o continente. A Roma si sono dimenticati dei porti d'Abruzzo: e adesso chi lo spiega ai cittadini?
Nessuno degli scali regionali è coinvolto nella rete centrale o in quella globale della logistica nazionale legata agli interporti (anche se l'Autorità Portuale abruzzese rientrerà, ma non dalla porta principale, nel cosiddetto sistema Core). Una vacatio che, c'è da giurarci, sarà giustificata in mille modi e con comunicati alla camomilla: ma i fatti non cambiano.
L'assenza dell'Abruzzo è riportata nel documento di economia e finanza 2017: nessun porto abruzzese è coinvolto in prima battuta nella rete nazionale. Per il governo i porti ritenuti strategici sono Ancona, Augusta, Bari, Cagliari, Genova, Gioia Tauro, La Spezia, Livorno, Napoli, Palermo, Ravenna, Taranto, Trieste e Venezia.
Non uno d'Abruzzo. E'come se la nostra regione fosse stata saltata a piè pari. E'come se il canguro dello Stato avesse deciso di ignorare Ortona, Pescara, e così via. E ancora, è stato preferito l'interporto di Jesi, quindi l'interporto Marche.
Eppure di motivi per dotare questa regione di un nuovo linguaggio infrastrutturale ce n'erano e ce ne sono parecchi. Qui in Abruzzo c'è lo Space Centres a Fucino, un centro di eccellenza a Chieti legato alla cyber security mentre da poco è stato inaugurato il nuovo stabilimento Thales Alenia Space, con Leonardo (e non un'azienda qualsiasi) in grande spolvero.
In più a un paio di bracciate a nuoto c'è quella macroregione balcanica su cui l'Italia annuncia sempre di puntare ma poi si fa fregare da Germania e Francia.
Certo, qui ci sono anche le crisi, le vertenze, le aziende che fanno fagotto e scappano via, i fondi mancati, e la politica burlona.
Quella che prima ti illude sul da farsi e un minuto dopo non fa. Mentre con una mano che ricorda quella di Totò alla Fontana di Trevi, fa marameo a tutti gli abruzzesi.
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