Piange il telefono, perchè la politica abruzzese "se ne frega" di Rigopiano


Nella Prima Repubblica bastava un sospetto per provocare un passo indietro. Oggi non hanno un millimetro di pudore


di Leone Protomastro
Categoria: ABRUZZO
29/11/2017 alle ore 12:55

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Claudio Ruffini al tempo della valanga di Rigopiano era il capo staff del governatore abruzzese. E in una telefonata rivolta al dirigente dell'Anas Sandro Sellecchia dice: “Non se ne frega niente D’Alfonso”. E aggiunge che un mezzo “deve andare nel Valfino, lo decide D’Alfonso e nessun’altro” perché conta “più del Prefetto”.

Non è questa la sede, ovviamente, per cerchiare in rosso le responsabilità penali di cui la magistratura si sta occupando. Ma i media hanno un compito deontologico: accrescere la coscienza critica dei cittadini, fare luce raccontando fatti e anche opinioni, stimolare chi di dovere a fare meglio il proprio mestiere, auspicare che nella stanza dei bottoni ci sia sempre chi quei pulsanti sa azionarli (e bene).

Senza alcuna presunzione o con coinvolgimenti personali, solo restando semplicemente ancorati al merito delle questioni.

Ecco, leggendo sui giornali di quelle telefonate, di quelle sporche risate, di quelle macro sottovalutazioni, di quella gente che ha gestito in malo modo la tragedia di Rigopiano viene in mente come sia cambiata la politica a cavallo tra le prime due Repubbliche.

Oggi tutti crocifiggono la Prima Repubblica: il pentapartito, Pantalone che pagava sempre, il debito pubblico, lo spreco, la cassa per il Mezzogiorno, tangentopoli. Sì, certo.

Ma quando c'era una sola ombra su qualcuno della casta, al tempo della Dc, del Psi, del Pri, del Pci, del Pli il politico in questione faceva un passo indietro. Spesso senza neanche che il suo partito glielo chiedesse.

Perché c'era pudore, perché ieri sembrava “brutto” restare su quella poltrona dopo uno scandalo, perché al netto di brava gente e malandrini c'era un certo modo di approcciarsi a cittadini e istituzioni.

Oggi tutto il contrario. E che qualcuno provi il contrario.

 

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