Voi cosa fareste della villa di famiglia se foste eredi di un padre ancora in vita (ma da cinque anni in stato vegetativo a seguito di un ictus) assillati dai debiti o dai guai sentimentali, in una parola, disperati? La vendereste o sentireste il peso della colpa di disperdere il patrimonio dell’avo prima del trapasso?
Ecco. I quattro protagonisti (a proposito dei quali la suora infermiera che assiste il genitore infermo dice, scusate il francesismo: “certo io di figli ne ho visto, ma 4 merde così tutti insieme mai”) si trovano in questa situazione e non ci pensano due volte a lavarsene le mani.
Cioè a (s)vendere la casa avita “approfittando” dell’assenza del proprietario non più in grado di intendere e di volere perché attaccato ad un respiratore. Lino Guanciale interpreta il più scapestrato dei fratelli, quello che li spinge a compiere il sacrilegio di disporre dell’eredità prima di essere orfani. I soldi gli servono subito: per salvare il suo circolo del tennis (!!). E trascina anche gli altri tre che a dirla tutta non si fanno pregare all’idea di riscuotere subito un “gruzzolo” non indifferente.
Insomma: villa venduta, mobili quadri e suppellettili piene di ricordi di infanzia compresi (portati via da una banda organizzatissima di ROM nel giro di una mezza giornata). Ecco, immaginate che succede se (il destino è dispettoso) il vecchio padre si risveglia dal coma e DEVE, secondo i medici, tornare alle abitudini quotidiane e tonare a CASA. Quale casa? Se è stata allegramente vendita al primo offerente?
Avrete capito che il film è leggerissimo, ha la consistenza di una fiction televisiva. Ti puoi distrarre e non perdi il filo. Augusto Fornari ha fatto l’attore (anche) per la televisione e non ha evidentemente abbandonato una certa propensione al “taglio” adatto al piccolo schermo. Questo è il suo primo impegno da regista. Non sono uscita dal cinema con la sensazione di avere sprecato tempo e denaro semplicemente perché ci sono andata con dei teenager che invece si sono divertiti moltissimo (Guanciale piace da pazzi alle under 15 e forse non solo).
Poco realistica (e di un buonismo da prima serata su Rai 1) la vicenda della sorella (Matilde Gioli) affranta per essere stata piantata dal marito per una squinzia molto più brutta e insignificante di lei. Il buonismo è per come va a finire. E in generale la conclusione della storia non chiude nessun cerchio, anzi conferma che forse (anche partendo dall’idea di base) si sarebbe potuto fare molto di più.
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