“Indagare un tema fondamentale di questo tempo: lo straniero, che è diventato un contenitore di tutte le paure e insicurezze che attraversano la società in questo momento storico”.
Così Leandro Di Donato animatore della settima edizione di Emergenze Mediterranee, la rassegna di culture, arti e linguaggi organizzata a Teramo dalla Sezione Italiana dell’Istituto Internazionale del Teatro del Mediterraneo, racconta a ImpaginatoQuotidiano obiettivi e perimetro dell'iniziativa che vuole aprire uno squadrcio in un tema delicatissimo.
“Noi vogliamo proporre attraverso la musica, il teatro, gli approfondimenti tematici un percorso di conoscenza e riflessione che aiuti a capire un po' meglio che cosa sta succedendo – spiega - . Partendo dal fatto che straniero non è solo, come viene in mente in maniera molto immediata, il migrante che arriva sulle nostre coste; straniero spesso è anche la persona che vive accanto a noi, nella stessa città, nello stesso paese, nello stesso palazzo. Stranieri sono anche alcuni sentimenti che abbiamo perso un po' di vista, solidarietà per esempio, condivisione, conoscenza. La scommessa è quella di fare un percorso di carattere culturale che aiuti a capire meglio che cos'è, in questo tempo che viviamo, il concetto di straniero”.
In Italia ci sono centinaia di episodi, piccoli e grandi, che la cronaca ogni giorno ci racconta in cui vengono fuori non soltanto delle pulsioni autenticamente razziste, ma una paura generale del diverso, tanto che è diventato difficile anche chiedere aiuto per strada o prestare aiuto, come se fossero cose totalmente fuori dagli schemi. Oppure pensiamo alle paure legate ai furti o al fatto che le comunità sarebbero invase da stranieri.
“Poi basta vedere i numeri e ci rendiamo conto che non siamo un paese invaso. Il problema attuale delle migrazioni in realtà dura da 25 anni, ma viene tutti i giorni raccontato come un'emergenza improvvisa – aggiunge - : è chiaro che scatena delle paure, queste cose vanno governate con senso di responsabilità e razionalità”.
Ma dove cerchiare in rosso quando la politica sbaglia? Secondo Di Donato la politica sbaglia da una parte in quanto pensa che cavalcare le paure possa essere un ottimo bancomat elettorale, e quindi non si fa scrupolo di suscitare e alimentare questo senso di insicurezza e frustrazione. Dall'altra sbaglia perché dire "tutti qui" o "tutti fuori" è la stessa cosa, significa negare il problema. I problemi si possono nascondere ma non evitare, prima o poi ti chiedono il conto.
“La politica dovrebbe assumere questo problema come un dato strutturale di questi tempi e soprattutto capire che in questo momento indipendentemente dai singoli episodi, quello che è in gioco è un'idea di umanità sopra la quale le future generazioni ci giudicheranno”.
E porta un esempio: c'è stata un'asta, di cui pochissimi hanno parlato, in Libia. In maniera quasi normale hanno messo e stanno mettendo all'asta delle persone per venderle come schiavi, come accadeva secoli fa. “E' tollerabile che qualcuno possa mettere persone all'asta senza che questo determini una ribellione morale? Ecco, la politica deve affrontare il tema. Certo che bisogna rispettare una serie di regole, leggi, governare i fenomeni; nessuno pensa che in Europa possa scaricarsi tutta l'Africa. Ma dire che non li vogliamo è esattamente come dire che li vogliamo tutti, c'è un "no sense" assoluto. Bisogna avere il coraggio di affrontare i problemi e di non farsi dominare dai sondaggi e dalle paure. La politica – conclude - serve a risolvere i problemi, non a dire che c'è un problema. Io cittadino posso dire che c'è un problema, la politica deve dirmi come risolverlo”.
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