Raccolto tra l’Adriatico e le due più alte montagne dell’Appennino, l’Abruzzo ha impiegato tempo per valorizzare e promuovere adeguatamente il suo patrimonio agroalimentare e gastronomico, ma ha saputo conservarlo al pari di un territorio che per un terzo è tutelato da parchi e riserve.
La cultura della pastorizia, per esempio, famosa per la triplice attitudine lana-latte-carne, ha trasferito l’utilizzo più completo e profondo di ogni parte di ovini e caprini, un po’ come avviene con il maiale del quale “non si butta via niente”. Ecco spiegate allora ricette preparate con le interiora – dette anche coratella – da consumarsi tal quali, con l’aggiunta di cacio e uova o di pomodoro, oppure in particolari involtini, avvolti con spezie nella rizza nel caso dei torcinelli (tipici del Chietino, cotti in padella anche con pomodoro) o del marro (cotto alla brace, nell’Aquilano), oppure in foglie di indivia e legati con il budellino come avviene per le mazzarelle teramane.
Non si pensi che la cucina marinara abbia complessi di inferiorità perché oltre al famoso brodetto, ci sono piatti che possono esaltarne tutto il gusto. Come nel caso della frittura di paranza, che prende il nome dalle antiche imbarcazioni di pesca costiera capaci di catturare pesci di taglia più piccola – cianghette, triglie, merluzzetti, alici, moscardini.. – che vengono passati nella farina, fritti e mangiati così, con tutte le lische.
Questo e molto altro nella 28esima edizione di Osterie d’Italia, il sussidiario del mangiarbere all’italiana edita da Slow Food Editore che è stata presentata lunedì 30 ottobre alle 19,00 a Spoltore presso l’Osteria La Corte (via Montani). Partecipano all’evento, organizzato da Slow Food Abruzzo-Molise, Eugenio Signoroni, curatore della guida, Massimo Di Cintio, coordinatore Abruzzo e Molise Osterie d’Italia, e Eliodoro D'Orazio, presidente di Slow Food Abruzzo-Molise, moderati dal giornalista Paolo Castignani.
«Sentirsi a casa»: è questa la sensazione che i locali recensiti in Osterie d’Italia suscitano nei propri frequentatori. «Nella guida ci sono le osterie che incarnano al meglio l’autenticità della cucina italiana, una cucina semplice, priva di barocchismi ed eccessi di lavorazione che hanno il solo fine di stupire. Una cucina che non cerca di uniformarsi in un unico stile con cotture millimetriche, sottolinea le differenze e non si piega alle mode» racconta Signoroni, curatore insieme a Marco Bolasco del Sussidiario del mangiarbere all’italiana.
58 su 1.616 sono le osterie lombarde recensite nell’edizione 2018, di cui la maggior parte con un menù che non supera i 35 euro. In continuità con la scorsa edizione, i locali un po’ più cari della media sono segnalati dal bollino con Euro e freccia, mentre il bollino Novità sta, naturalmente, per le nuove segnalazioni, che sono 6 su 176, ad indicare un fenomeno in continua evoluzione e crescita. Il simbolo dell’Annaffiatoio indica i locali con un orto di proprietà, la Chiave quelli dove si può anche dormire, il Formaggio (9 in Abruzzo) è usato per quelli che propongono una selezione di prodotti caseari di qualità, la Bottiglia (11 in Abruzzo) per un locale dalla proposta di vini articolata, rappresentativa del territorio, con prezzi onesti e infine le 10 Chiocciole, dedicate ai locali più in sintonia con i princìpi di Slow Food.
Inoltre ci sono caratteri speciali per indicare quali osterie aderiscono al progetto Alimentazione Fuori Casa dell’Associazione Italiana Celiachia e quali all’Alleanza tra i cuochi e i Presìdi Slow Food, cioè dove si utilizzano regolarmente nei menù almeno tre Presìdi della propria regione.
Ha seguito la presentazione la cena, che ha visto protagoniste le dieci osterie che hanno ricevuto la chiocciola: La Bilancia (Loreto Aprutino), Vecchia Marina (Roseto degli Abruzzi), Pervoglia (Castellalto), Sapori di Campagna (Ofena), Zenobi (Colonnella), Taverna de li Caldora (Pacentro), Font'Artana (Picciano), Borgo Spoltino (Mosciano Sant'Angelo), La Corte (Spoltore) e Taverna 58 (Pescara).
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