La follia ultrà è tornata di attualità, nelle ultime ore, dopo che alcuni tifosi della Lazio hanno diffuso degli adesivi di stampo antisemita, che recano un fotomontaggio di Anna Frank con la maglia della Roma. Schierarsi dalla parte delle vittime dell'olocausto, in un mondo normale, sarebbe un riflesso istintivo. E invece per gli ultrà laziali, da sempre contigui all'estrema destra romana, essere accostati ad una ragazzina innocente, trucidata dai nazisti perchè ebrea, è motivo di scherno nei confronti dei rivali giallorossi.
In Abruzzo, per fortuna, il clima da stadio non ottenebra i cervelli fino a questo punto. In passato, però, si sono verificati casi simili. La politica, che negli anni Novanta è entrata prepotentemente nelle curve, nell'ultimo periodo è stata espulsa da quasi tutti gli stadi dalla regione.
Il panorama abruzzese, oggi, si presenta piuttosto diversificato. Impaginato.It passa ai raggi l'universo ultrà delle principali piazze della regione.
PESCARA APOLITICA
"Laziale giudeo". E' lo striscione esposto dagli ultrà del Pescara, nella Curva Nord dello stadio Adriatico, durante una partita di campionato sul finire degli anni Ottanta. Forse l'episodio più grave che abbia mai visto protagonista una tifoseria abruzzese. Un episodio che, tuttavia, a quel tempo passò quasi inosservato. D'altronde si erano chiusi da poco gli anni di piombo, quando si sparava nelle piazze e il livello dello scontro, tra opposti estremismi, aveva raggiunto il suo apice. La politica, dalle piazze, si stava trasferendo negli stadi.
Pescara, dove il missino Angelo Manzo, nel 1976, diede vita ai "Rangers", non faceva eccezione. In realtà l'aspetto politico non era dominante. In curva si ritrovavano, fianco a fianco, extraparlamentari di sinistra e di destra, ragazzi delle periferie degradate e giovani della Pescara bene.
Fu invece all'inizio degli anni Novanta che la curva pescarese virò a destra: iniziarono a comparire croci celtiche e striscioni di gruppi come i "National Front", che si richiamavano espressamente a movimenti neo-fascisti. I "Bad Boys", fondati nel 1985 ed espressamente di destra, in breve tempo conquistarono l'egemonia della curva. Sul finire degli anni Duemila, però, la situazione cambiò radicalmente. Tutti i gruppi della curva si fusero nei "Rangers", ad eccezione dei "Bad Boys", che di lì a poco si sarebbero sciolti. La politica venne espressamente bandita dallo stadio e fu stretto addirittura un gemellaggio con le "Bal" di Livorno, la curva più rossa d'Italia, che si autodefiniva d'impronta stalinista.
Oggi la curva pescarese è apolitica. Ci sono micro-gruppi di entrambe le estrazioni politiche, ai quali comunque non è consentito esporre simboli politici. Anche i gemellaggi e le inimicizie hanno ben poco a che vedere con la politica: l'unica tifoseria amica è quella del Vicenza (in parte di destra e in parte leghista), mentre le rivalità più accese sono tanto con piazze di destra, come Lazio, Verona, Ascoli, Cesena e Chieti, e tanto con realtà di sinistra, come Sambenedettese, Salernitana, Ternana e Cosenza.
CHIETI E L'AQUILA A DESTRA
Chieti e L'Aquila, forse perfino più di Pescara, negli anni Novanta sperimentarono una forte politicizzazione nel segno dell'estrema destra. Non a caso, fino a pochi anni fa, le due curve erano gemellate. E non a caso, subito dopo l'odio campanilistico nei confronti dei tifosi del Pescara, la tifoseria più detestata da teatini e aquilani è quella del Teramo, storicamente di estrema sinistra.
All'Angelini di Chieti, negli anni Ottanta e Novanta, era facile imbattersi in immagini raffiguranti Mussolini e croce celtiche. Più di recente, gruppi come i "Mai Domi"e gli "Irriducibili", pur essendo formati in maggioranza da elementi di destra e pur rifacendosi ad un immaginario molto affine a quello dei laziali, nei confronti dei quali non hanno mai nascosto la propria ammirazione, hanno sempre scelto di tenere la politica fuori dalla curva.
L'unico gruppo fortemente influenzato da CasaPound, attivo fino a pochi anni addietro, è stato quello dei "330 SLM". Oggi che il Chieti, dalla serie C, è sprofondato nelle serie minori, la curva è guidata dagli "89 Mai Domi", che sono apolitici. L'unico gemellaggio rimasto in piedi è con gli ultrà del Monopoli, mentre le curve più detestate sono quelle di Pescara, Teramo e Lanciano.
Il percorso degli ultrà aquilani è invece leggermente diverso, in quanto la curva rossoblu, tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, presentava addirittura un'egemonia di sinistra, sia tra i "Red Blue Eagles", che sono ancora oggi il gruppo portante della tifoseria del capolouogo, e sia tra i "Commandos 78". Negli anni Novanta, invece, cambiò il vento anche a L'Aquila e i "Nam", di estrema destra, iniziarono a fare proseliti tra gli ultrà.
Nei primi anni Duemila entrarono nel gruppo anche militanti di Forza Nuova e poi di CasaPound. In seguito, prima di sciogliersi, cambiarono nome in "99". Il profondo ricambio generazionale che recentemente ha interessato gli "Rbe", ha prodotto l'estromissione della militanza politica dalla curva aquilana, che non ha più gemellaggi ufficiali e presenta inimicizie con Pescaresi, Teramani e Avezzanesi.
TERAMO A SINISTRA
Gli ultrà teramani, che per molti anni si sono riuniti dietro lo striscione dei "Devil's Korps", sono sempre stati di estrema sinistra. Subito dopo i simboli della squadra, l'effige del "Che" è sempre stata l'immagine più diffusa nella curva biancorossa. Esponente di spicco della Curva Est è Davide Rosci, storico leader degli antifascisti teramani, più volte salito alle cronache per avere partecipato a risse e scazzottate contro esponenti di estrema destra.
E' stato anche condannato a 6 anni di carcere per gli scontri avvenuti a Roma, il 15 ottobre del 2011, in occasione della manifestazione degli Indignati, culminata con l'assalto ad un blindato dei carabinieri. Il 25 aprile del 2012 cinque ultrà del Teramo furono diffidati, perchè cercarono di fare entrare allo stadio, in una data simbolica per gli ultrà di sinistra, uno striscione di solidarietà nei confronti di Rosci.
La comune matrice politica è alla base del gemellaggio con gli ultras del Perugia, che ha finito per innescare un'accesa rivalità con i ternani. Amici sono anche gli ultrà del Martina Franca, mentre soprattutto Giulianova, ma anche L'Aquila, Chieti, Rimini, Sambenedettese e Ascoli, sono i club considerati "nemici". Oggi gli ultrà del Teramo, con la squadra che milita in Lega Pro, non hanno gruppi ufficiali e si limitano ad esporre alcuni stendardi goliardici.
IL RESTO D'ABRUZZO
Nelle altre piazze della regione, il fenomeno della politicizzazione è sempre stato più sfumato. In ogni caso gli ultrà di Giulianova e Vastese sono più schierati a sinistra, quelli di Avezzano si pongono più destra, mentre a Lanciano, prima del fallimento che ha comportato la scomparsa della squadra dal calcio professionistico, convivevano entrambe le anime.
Apolitiche le tifoserie di altre compagini che si sono affacciate in serie B, come il Castel di Sangro, o nelle serie minori, come San Nicolò, Francavilla, Celano e Nerostellati Pratola.
VIOLENZA ULTRA'
Il fenomeno dell'estremismo politico, nelle curve abruzzesi, in definitiva è da monitorare, ma al momento non rappresenta una vera emergenza. Resta alta la guardia, invece, sul fronte delle violenze. La realtà di Pescara, sia per blasone che per bacino di utenza, è senza dubbio quella più rappresentativa e per molti aspetti turbolenta.
Gli ultrà biancazzurri, dagli anni Settanta ad oggi, si sono resi spesso protagonisti di duri scontri con le tifoserie avversarie. Negli ultimi anni l'avvento della tessera del tifoso e l'evoluzione delle tecnologie, ad esempio con l'utilizzo delle telecamere di sorveglianza, hanno fatto da deterrente, scoraggiando e contenendo le violenze: attualmente sono circa 35 gli ultrà biancazzurri colpiti da Daspo.
Gli scontri, però, dagli stadi hanno iniziato a spostarsi nelle strade: più volte è capitato che ultras rivali si siano dati appuntamento in zone periferiche per poi scontrarsi, o che siano stati organizzati agguati ai danni di tifoserie rivali, in autogrill o in aree fuori dal controllo delle forze dell'ordine.
Nel 2016, all'autogrill Torre di Cerrano Est, un folto gruppo di ultrà biancazzurri tese un agguato ad un buon numero di tifosi del Cesena, scatenando una guerriglia con spranghe, caschi e coltelli. E lo scorso anno, nella zona dell'università, ci furono pesanti corpo a corpo tra pescaresi e laziali.
Decine di diffide e denunce hanno colpito anche le tifoserie di Teramo, Chieti e L'Aquila. Uno degli ultimi episodi risale alla settimana scorsa, quando a Francavilla, in pieno giorno, si sono affrontati ultrà locali e aquilani con pugni, pietre e bastoni.
I RAPPORTI CON LE SOCIETA'
Se fino a qualche anno addietro i rapporti tra ultras e società di calcio celavano interessi economici, nella vendita dei biglietti, nell'organizzazione delle trasferte e nella gestione del merchandising, negli ultimi anni il fenomeno è andato scemando. D'altronde gli stadi sono sempre più vuoti e i margini si riducono, sia per le società che per eventuali capi ultrà in cerca di buoni affari.
A prevalere, dunque, è l'impulsività dei tifosi, che pretendono risultati dalla squadra e quando, come spesso avviene, non li ottengono, finiscono per sfogare la propria rabbia nei confronti delle società di calcio. Forti attriti tra ultras e proprietà dei club, negli anni passati, si sono registrati a L'Aquila, Chieti, Teramo e Giulianova.
Ma ancora una volta è a Pescara che sono accaduti i fatti più gravi: lo scorso anno, mentre il Pescara annaspava nei bassifondi della classifica, tre persone sono penetrate nel giardino dell'abitazione del presidente Sebastiani e hanno dato fuoco alla sua auto.
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