IL TALLONE D'ACHILLE- 32a puntata


"LA COLLINA CHE SCIVOLA"


di LiberalChic
Categoria: Tallone D'Achille
09/10/2025 alle ore 10:54



“Chieti, città fondata da Achille… ma col tallone nel fango”

A Chieti abbiamo imparato due arti marziali urbane: la doccia “a turni” e lo slalom tra transenne. 

E quando una città intera si regge su sabbie buone in cima e rumenta geologica ai fianchi, basta un po’ d’acqua, o una perdita d’acqua “di quelle annose”, per trasformare il mito in fango operativo, non lo dico per colore politico llo dicono carte, cronologie, perimetrazioni, delibere e decreti che abbiamo letto, riletto e incrociato. Io ci metto la satira, i numeri sono lì.

1) Anatomia impietosa di una collina: solida in testa, franabile ai fianchi

Il centro storico siede sul cappello “buono” (sabbie e conglomerati della Formazione di Mutignano, materiali competenti), ma la crescita del ‘900 ha colonizzato i versanti: uno strato caotico chiamato “Unità detritica eterogenea” fatto di riporti, coltri eluvio-colluviali e vecchi materiali di frana. 

Traduzione non accademica: una lasagna scoordinata che, bagnata, scivola!

L’acqua ci mette del suo: ruscellamenti che mordono i piedi dei pendii, falde sospese sopra strati argillosi, e ciliegina, perdite da reti idriche/fognarie che alimentano il circuito vizioso: il terreno si muove → spacca i tubi → l’acqua infiltra → il terreno si muove di più. Applausi (amari) all’effetto volano.

Fenomeni sul menù: colamenti/soliflussi lenti che deformano tutto, scivolamenti roto-traslazionali (vedi la storica frana di Fontanelle), fino a colate rapide e crolli locali (chi ha memoria di Via Tricalle sa). Non è thriller: è il bollettino di un territorio che fa quello per cui è fatto, se maltrattato.

2) Cronaca di una frana annunciata (1940–2025): “non dite che non lo sapevamo”

Dai “scoscendimenti” del 1940 vicino alla caserma ai danni del ’54–’56, dal muro crollato a Borgo Marfisi (1960) alla lunga vicenda di Fontanelle: gli atti traboccano. Negli anni ’90 arriva persino un piano serio: il “Progetto Chieti”—studi, drenaggi, regimazioni, rifacimenti reti, monitoraggi avviato ma non completato. 

Tant’è che qualcuno scrisse (con pragmatismo abruzzese): “i lavori in via Asinio Herio non continuarono, i danni sì”. Sottoscrivo ogni virgola.

Poi l’epilogo recente: novembre 2019 prime avvisaglie a Via Arenazze; maggio-giugno 2023 piogge +160% sulla media, danni provinciali da 17 milioni, e la collina, già provata, cede a scala urbana. Il 29 agosto 2023 il Consiglio dei Ministri dichiara stato d’emergenza. Non la “grande sorpresa”: la grande resa dei conti.

3) Epicentro: Santa Maria (e dintorni), dove la geologia incontra l’urbanistica distratta

La zona rossa è tracciata: tra via Don Minzoni, via Fonte Vecchia, viale Gran Sasso, via Arenazze. 

Qui lo scivolamento profondo trascina suoli e fondazioni; a complicare, la memoria lunga del sottosuolo: torrente tombato e antiche cavità/cave ipotizzate nei pressi, cioè tubi naturali per l’acqua dove l’acqua non dovrebbe stare. 

Bilancio umano: 11 palazzi evacuati, 200+ famiglie (oltre 300 residenti nel computo più esteso), due scuole chiuse. Con 137 domande di CAS e 37 casi fragili segnalati. Italiani specialità: la categoria sociale “sfollati da frana”.

Capitolo Santa Maria Calvona: via Majella chiusa, sgombero della “palazzina Michetti”. In città allegano la frase “situazione da anni precaria”: che, a questo punto, suona come un eufemismo di cortesia.

Altre spine già note: Piazza Mons. Venturi/Modesto della Porta, Fosso Santa Chiara, Colle Rotondo, e le storiche Asinio Herio / Via Spaventa, fino a Madonna del Freddo. Mappa dei rischi? Corposa. E non è nuova.

4) Dall’emergenza alla ricostruzione: DL 116/2025 e il Commissario (ovvero “finalmente, l’adulto in stanza”)

Fine agosto 2025: cala il sipario sulla fase emergenziale. 

Settembre 2025: arriva il DL 116/2025—modello terremoti—con Commissario straordinario, ricostruzione pubblica e privata, e primo stanziamento 25 milioni (annualità 2026–2027). È la cornice che mancava per superare l’ordinanza PC e tenere insieme Chieti e Bucchianico nella stessa regia. Bene? Sì. Basterà? No: l’ordine di grandezza del fabbisogno tra case, versanti, sottoservizi, supera ampiamente la cifra iniziale. Ma almeno c’è un percorso.

Nel frattempo, l’Autorità di Bacino Distrettuale (AUBAC) ha aggiornato i PAI (pericolosità da frana/idraulica): qualsiasi progetto dovrà inchinarsi ai nuovi vincoli e carte; niente più “dov’era, com’era” se P3/P4 ti guarda male. (Era ora.)

5) “Pagella attuale della collina” 

  • Comprensione tecnica del problema: eccellente nei documenti (stratigrafia, idrologia, tipi di frana). Voto 9. Peccato non si sia tradotta per tempo in scelte urbanistiche coerenti.
     
  • Progetto Chieti anni ’90: visione da manuale, esecuzione monca. Voto 6- (per quello fatto), 3 (per quello lasciato a metà).
     
  • Gestione 2023–2025: emergenza gestita, CAS attivati, monitoraggio strumentale installato; ma la vita sospesa degli sfollati pesa. Voto 7 con debiti formativi.
     
  • DL 116/2025: cornice giusta, tempi stretti, soldi non ancora all’altezza. Voto 8 di fiducia (al Commissario servirà elmetto anti-burocrazia).
     
  • Comunicazione istituzionale: migliorabile; servono mappe parlanti, cronoprogrammi pubblici, e “quanto manca” spiegato come a tua zia. Voto 5.

6) Domande scomode (con risposte brevi)

  • Perché “proprio lì” a Santa Maria?
    Perché lì la copertura detritica è spessa, l’acqua trova strade (anche antiche: torrente tombato?), e la pressione dei sottoservizi fa da accelerante. Sistema predisposto + innesco (piogge record) = crollo della resilienza.
     
  • Si poteva evitare?
    Evitare tutto no; evitare così tanto sì, con prevenzione urbanistica, reti rifatte per tempo, drenaggi estesi e completamento del Progetto Chieti. La parola chiave mancata: continuità.
     
  • I 25 milioni bastano?
    No. Sono il primo mattone. Servono rifinanziamenti pluriennali e una spesa rapida e pulita; altrimenti i milioni diventano carte da parati.
     
  • Quando torneranno a casa gli sfollati?
    Dipende da tre variabili: (1) perimetrazioni PAI definitive, (2) produttività dei cantieri (pubblici e privati), (3) tempi dei contributi. Senza un cruscotto pubblico di avanzamento, è solo consolazione.
     

7) Cosa fare adesso (non nel 2030)

  1. Master Plan unico “Collina Viva”: riprendere l’ossatura del Progetto Chieti, aggiornarla con PAI/AUBAC e definire sequenza cantieri: drenaggi profondi, paratie/diaframmi dove servono, rifacimento reti idriche/fognarie con giunti “flessibili” anti-soliflusso, regimentazione fossi. Pubblicare Gantt e milestone in chiaro.
     
  2. Reti prima di tutto: senza togliere acqua al terreno, qualsiasi opera è cerotto sul ghiaccio. Programma multi-annuale rifacimento condotte con priorità alle aree in movimento (Santa Maria, Calvona, dorsali storiche).
     
  3. Monitoraggio permanente: estendere la rete strumentale (inclinometri, piezometri, GNSS, radar) e pubblicare ogni mese 4 KPI: velocità di spostamento, livello falde, rotture/100 m di rete, tempo medio riparazione. Il cittadino capisce i numeri, se glieli dai.
     
  4. Regole urbanistiche verissime: stop a “dov’era com’era” in P3–P4; sì a delocalizzazioni e riusi intelligenti. Meglio un prato che una palazzina sul fango.
     
  5. Corsia rapida sfollati: sportello unico ricostruzione privata (domande, perizie, contributi) con SLA pubblici e “silenzio-assenso” dove consentito. La vita in albergo non è una soluzione, è un limbo.
     
  6. Trasparenza radicale: mappa zona rossa navigabile (vie, numeri civici), stato pratiche, gare, affidamenti, timeline, varianti, scostamenti. Fateci vedere come, dove e quando.
     

8) LiberalOpinion (opinione dichiarata)

  1. La frana non è “la natura cattiva”: è un progetto senza manutenzione. La geologia è l’hardware; pianificazione e reti sono il software. Abbiamo tenuto l’hardware e installato malware.
     
  2. Il DL 116/2025 è la prima pagina, non il libro. Commissario e 25 milioni aprono la porta; per uscirne vivi serve una maratona di rifinanziamenti e cantieri coordinati. Il resto è comunicazione
     
  3. Senza “acqua sotto controllo”, ogni opera è precaria. Rifare le reti è meno fotogenico di una paratia nuova, ma è l’unica cosa che toglie benzina al dissesto.
     
  4. La città deve vedere i numeri, non solo le transenne. Un cruscotto mensile con KPI e foto cantiere vale più di cento conferenze. La fiducia scivola più del terreno: misuratela.
     

Post Scriptum (amaro ma utile)

A chi dice “tanto Chieti è sempre stata così”: no. Chieti è stata intelligente quando scelse la sommità stabile per il suo cuore; è stata distratta quando ha vestito i fianchi fragili col cemento; sarà moderna solo se accetterà che certi luoghi non tornano e che certe reti si rifanno tutte. Altrimenti, prepariamo il prossimo comunicato: piove, governo frana.

Saluti — #LiberalChic