Province senza fondi, difficoltà per stipendi e pensioni, ma fatti salvi quelli dei super dirigenti, con sindacati e classe politica sulle barricate: ma poi all'Aquila spuntano dieci milioni per la nuova sede. C'è molta confusione sotto il cielo delle province italiane, dopo una serie di fatti che si sono susseguiti negli ultimi due anni alla voce tagli.
COL CAPPELLO IN MANO
I Presidenti delle Province chiedono a Palazzo Chigi circa 200 milioni per rimpinguare la propria dotazione. Il settore, in verità, è già zavorrato dai conti in rosso di molte realtà, peggiorate dalle città metropolitane, a cui il governo ha risposto con pochi spiccioli (200 mila euro nel 2017). E'chiaro che di qui alla legge finanziaria la correzione dei finanziamenti per le province e le città metropolitane sarà un punto centrale, al pari della macro tematica relativa alla mission degli enti in questione: strade e scuole, due note dolentissime dell'Italia già prima del dibattito sulla riforma Delrio.
L'AQUILA
In questo contesto ecco la novità aquilana: dieci milioni (e rotti) di euro per 600 giorni di lavoro, a partire dalla fine del 2017, per abbattere la vecchia sede danneggiata dal terremoto dell'aprile 2009 e ricostruirla nello stesso sito. Il Presidente della Provincia dell’Aquila Angelo Caruso ha espresso piena soddisfazione per la realizzazione dell’opera che consentirà alla Provincia un risparmio considerevole di denaro, essendo gli uffici, al momento, ospitati in strutture private.
NESSUNO TOCHI L'ABRUZZO
Le province abruzzesi ad oggi gestiscono 5.989 chilometri di strade e più di 700mila metri quadrati di edilizia scolastica. E'la ragione della mobilitazione da parte della senatrice dem Stefania Pezzopane, che si schiera dalla parte dei Presidenti delle Province abruzzesi allarmati per il taglio dei fondi.
"Sono stata anch’io presidente di Provincia e conosco bene le difficoltà di gestione dell’Ente - ha detto - La riforma Del Rio non ha abolito le Province, ne ha ridisegnato compiti e funzioni, lasciando agli Enti competenze importanti". E ha presentato un’interrogazione urgente al governo per dotare le Province i fondi necessari alla loro sopravvivenza nella prossima legge di stabilità: con lo sguardo rivolto ai 760 dipendenti i cui stipendi sono a rischio, come da tempo lamentano le parti sociali.
CHE FINE FARANNO?
Il 5 luglio del 2012 il CdM approvò il decreto legge Spending Review, per la costituzione delle Città Metropolitane, per effetto dell’introduzione dall’articolo 17 “Disposizioni urgenti per la riduzione della spesa pubblica a servizi invariati”. Con quel provvedimento si voleva ridurre e accorpare alcune Province, in base alla Determinazione dei criteri per il riordino delle province, a norma dell’articolo 17, comma 2, del decreto - legge 6 luglio 2012, n.95, Pubblicato in G.U. n. 171 del 24/07/2012 in virtù di alcuni requisiti, come limite territoriale di 2500 km e popolazione di 350mila abitanti.
Per cui salve solo 43 Province, 26 in Regioni a statuto ordinario, 7 in Regioni a statuto speciale e le 10 province delle aree metropolitane, soppresse con la nascita delle città metropolitane dello scorso gennaio 2014. In Abruzzo era previsto che rimanessero solo L’Aquila e Chieti.
IN PIAZZA
Pochi giorni fa circa 22mila dipendenti sono scesi in piazza sotto Montecitorio con i sindacati confederali che hanno incontrato di persona una delegazione del Pd. Il nodo è che nonostante la legge Delrio le abbia tramutate in enti di secondo livello, le province hanno ancora compiti primari come scuole e strade ma che non possono assolvere per via del taglio alla dotazione. Casse vuote per problemi veri. Il No al referendum dello scorso dicembre, poi, ha creato uno stop inatteso.
Almeno 38 province in Italia oggi sono a un passo dal default, anche perché la migrazione verso Regioni ed altri enti si è concretizzata solo per 16mila lavoratori. Pochi mesi fa il decreto Enti locali ha concesso 73 milioni di aiuti. Ma il fabbisogno era (ed è) di 207 milioni.
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