«A Scampia, l’arte piuttosto che la camorra». Siamo grati all'inchiesta dei francesi di Le Monde per aver finalmente “scoperto” che la Campania non è tutta camorra e rifiuti tombati, non è tutta corruzione e degrado, non è tutta mariuoli e traffico. Ma anche altro.
E' già da un bel po', però, che una delle popolazioni più colorite del mondo, che ha dato i natali a migliaia di personaggi celebri in cinque continenti, tenta di rialzarsi. E lo ha fatto con dignità e con buoni risultati. Resta però l'amaro in bocca per quella supponenza, a volte sciatta o approssimativa, di certa stampa straniera che non guarda la trave nel proprio occhio perché impegnata, costantemente, a dare giudizi su pagliuzze altrui (più o meno grandi).
Prendiamo la lotta al terrorismo. L'Italia ha un vantaggio grande come una casa rispetto proprio alla Francia e anche al Belgio: esiste una banca dati nazionale unica, con la possibilità per uno qualsiasi dei rappresentanti delle forze dell'ordine nostrane che ferma un sospetto di avere un incrocio in tempo reale di fedina penale o altro. Bruxelles e Parigi no. Devono fermarsi, interrogare, chiamare in ufficio e sperare di riuscire ad avere in brevissimo i dati che interessano.
E i risultati sono evidenti in riferimento alle inchieste del Bataclan, ma anche riguardo al fatto che il terrorista Salah Abdeslam è riuscito a lasciare Bruxelles indisturbato. Senza contare che il Viminale ha adottato una politica che punta molto sullo scambio di know how e di informazioni: come gli altri servizi europei faticano ancora a fare.
Prendiamo la corruzione. Non pochi corrispondenti stranieri a Roma, quotidianamente anche su twitter, lanciano strali contro l'incapacità italiana di riformare la giustizia, la pubblica amministrazione, le leggi. Come se fosse possibile in un clic. Salvo poi scoprirsi senza argomenti quando qualcuno ricorda loro dello scandalo Siemens, che ha coinvolto in Grecia milioni di euro versati in tangenti per gli appalti delle Olimpiadi del 2004, o le armi vendute da Berlino ad Atene corredate da un sottomarino con timone rotto: forse mai accaduto neanche in qualche regime sudamericano nel Novecento.
Senza contare il miliardo e tre che, in virtù di crediti e acquisti di bond ellenici, la Germania ha guadagnato in occasione della crisi greca, come ammesso pubblicamente dal ministero delle Finanze di Berlino: nessuna legge violata, per carità, ma da chi ha la certezza di avere l'eurosole in tasca ci si sarebbe aspettato ben altro comportamento. Passando per il diesel gate che ha coinvolto note marche teutoniche.
Non sarebbe il caso di scomodare qui il celebre “chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Ma quantomeno di stimolare la stampa europea e le presunte intellighenzie a fare mea culpa sullo stato dell'Ue di oggi.
Siamo davvero sicuri che sia solo colpa della politica? Davvero i responsabili si ritrovano solo fra gli economisti che non hanno sufficientemente previsto i disastri post Goldman Sachs? E non sarebbe forse il caso di iniziare a ragionare sul decadimento culturale dell'Europa, dei suoi media, dei suoi intellettuali, della morte celebrale dei suoi corpi intermedi, delle sue scuole di pensiero quasi afone, prima di tornare stancamente su pil, default e racconti ipocriti delle Scampìe italiane?
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