Confini, storie e pericoli nell'Ue: l'arbitrio (sbagliato) della politica


Il nome Macedonia è solo l'ultimo esempio di come foraggiare la matassa...


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
03/02/2019 alle ore 17:08

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Che succede se dopo il nome Macedonia dato alla Fyrom, l'Albania rivendicasse la regione greca dell'Epiro, o l'Italia facesse un pensierino alle isole del Dodecaneso, o la Provenza alla Liguria?

Che si potrebbe innescare un pericoloso circuito mentale basato sull'arbitrarietà della politica che va oltre storie, popoli e culture.

Un tema, questo, sottovalutato da più parti in giorni in cui si discute di elezioni europee ma solo con generici riferimenti alla crisi della grande coalizione Ppe-Pse e senza entrare nel merito di cambiamenti epocali e strategie errate.

L'arbitrio a cui si è assistito sul caso macedone sta causando sollevazioni popolari, forse non così intense come i gillet gialli in Francia, ma parimenti esasperate. Il popolo non condivide le scelte politiche e dopo i segnali di fumo lanciati nella cabina elettorale scende in strada con manifesti e striscioni per dire la propria. Non ascoltare quelle pulsioni, sottovalutandone la portata e il peso specifico, è un errore blu che la politica sta compiendo. E a nulla serve poi dolersene se partiti antisistema guadagnano consensi, anche se il punto non è elettorale, ma squisitamente di merito.

Sta mancando il terreno sotto i piedi del vecchio continente, dove sembra che tutto sia possibile anche se contro ogni legge fisica.

Si assiste a cambi di nome, ad un allargamento che produce la delocalizzazione a est con fondi Ue in barba a stati membri, al proliferare di prodotti made in Italy farlocchi che stanno invadendo le tavole del Mediterraneo senza che una difesa seria venga messa in campo.

L'aquisto nel 2018 di olio tunisino senza dazi deciso dall'Ue è stato un duro colpo contro il settore olivicolo italiano, che nelle ultime settimane ha per giunta accusato i numeri nefasti della produzione attuale, calata sensibilmente a causa del maltempo. Insomma, filantropia sì, ma non autolesionismo.

Per cui, al di là di come andranno elettoralmente le elezioni europee, ciò che serve alla politica è una profonda ridefinizione del proprio status, del proprio perimetro valoriale e di azione, del proprio rapporto con slogan vuoti e troppi likes sui social che svuotano di contenuto proposte e strategie.

Fermarsi a contare schede e preferenze, senza interrogarsi sul nocciolo delle questioni, sarebbe l'ennesimo errore di un mondo che rischia seriamente di scomparire sotto le proprie macerie.

 

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