Il doppio forno (inutile) di Erdogan per uscire dall'angolo


Da un lato sferza Trump sul caso del pastore recluso e del petrolio iraniano acquistato in barba alle sanzioni, dall'altro ammicca alla Merkel che non abbocca



Si sta dando un gran daffare il presidente turco Erdogan per uscire dall'angolo (finanziario e geopolitico) in cui è finito per scelta sua e non per fantomatici complotti bancari o dell'occidente.

Il caso del crollo della lira turca, mescolato alla sua crociata contro stampa e oppositori al suo regime, di fatto lo hanno trasformato in un “sacerdote” di quel neo-ottomanesimo (cocciuto e ultraideologico) che ignora leggi e trattati internazionali, alleanze e rispetto per certe dinamiche.

Ecco, quindi, che i suoi consiglieri lo aspettano al varco dopo questa doppia mossa che nelle sue intenzioni dovrebbe concedergli nuovo ossigeno dopo due mesi tiratissimi, ma che potrebbero invece segnare un altro punto a sua sfavore.

Da un lato sferza il Presidente americano Donald Trump sul caso del pastore recluso e del petrolio iraniano acquistato in barba alle sanzioni, dall'altro ammicca alla Cancelliera Angela Merkel: ma entrambe le mosse lo portano dinanzi a un muro in cemento armato.

In primis perché la politica dei ricatti con Trump (e più in generale con la Casa Bianca) non funziona e poi perché la sua crociata contro i simboli del gulenismo è ormai condotta più di nervi che con dati alla mano, e la questione del pastore recluso potrà solo peggiorare i rapporti Ankara-Washington. 

Inoltre il mancato rispetto delle sanzioni irrigidirà anche i già precari rapporti con Tel Aviv in un quadro che si fa delicatissimo, anche per via del dossier idrocarburi, che vede invece il nuovo quadrumvirato del gas molto compatto (Israele, Egitto, Cipro, Grecia).

In Germania se possibile è andata peggio. La visita di Erdogan è stata battezzata come l'ultimo passo di un pachiderma claudicante: si è presentato dinanzi al presidente della Repubblica con una lista di 60 presunti terroristi da arrestare, tra cui l'ex direttore del quotidiano Cumhurriyet, che tra le altre cose aveva firmato un'interessante inchiesta sul traffico di armi tra la Turchia e gli adepti dell'Isis.

Gli stessi che sono stati in questi anni combattuti aspramente da quei curdi che, anziché un sentito grazie, ricevono da Erdogan solo bombardamenti.

A ciò si aggiunga che la visita di Erdogan ha diviso nettamente la Germania, il secondo partner commerciale della Turchia e sede di circa 3,5 milioni di persone con origini turche. Obiettivo, rafforzare la cooperazione economica con un piglio diverso rispetto all'ultimo anno e dopo il crollo della lira turca. 

Ma di fatto il leader turco, fresco del fiammante Air Force One da 400 milioni, resta deluso: questa volta Steinmeier e Merkel non solo lo hanno accolto con freddezza, ma hanno reso protofanico il suo isolamento euro-occidentale.

 

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