Da Bush a Trump: ma i frutti dell'antiterrorismo dove sono?


Sedici anni dopo le Torri Gemelle va ridisegnata la strategia contro i jihadisti. Ma prima individuare le responsabilità di chi ha fallito



Da esportare la democrazia dopo l'11 settembre alla pista ciclabile newyorkese usata come poligono di tiro dal killer uzbeco Sayfullo Saipov, c'è un mondo intero: fatto di azioni, falle e strategie approssimative (accanto ad altre efficaci) che però non hanno portato tutti i frutti sperati.

Ha ragione sul Corriere della Sera Massimo Gaggi a parlare di stagione delle ombre. Perché di ombre, in questo fazzoletto di tempo macchiato da sangue e grida inneggianti ad Allah akbar, ce ne sono davvero tante. Ma prima che cercarle nell'occidente spaventato e terremotato da attacchi e autogol dei servizi, serve forse staccare lo sguardo dall'Atlantico e dal Mediterraneo. E posarlo a oriente: a latitudini dove la politica estera, ad esempio di Qatar, sauditi e Yemen (per non dire della Turchia), è stata parecchio caratterizzata da una certa ambiguità.

Nel giugno scorso il Qatar è finito praticamente sotto assedio perché accusato di innaffiare di dollari il terrorismo. E così Arabia, Emirati, Bahrein ed Egitto hanno rotto le relazioni diplomatiche. In concreto hanno dato avvio ad un super blocco contro l’emiro considerato «fuori linea». Quel Tamim bin Hamad Al-Thani che, se da un lato è stato tacciato di appoggiare i movimenti terroristici e di essere troppo filo iraniano, dall'altro ha due piedi finanziari in parecchie partite del vecchio continente. Qualche dato può essere utile per capire di cosa parliamo.

Si chiama QIA ed è l'acronimo che sta per Qatar investment authority. Si tratta di una “pala meccanica” che ha raccolto - si fa per dire - super hotel pentestellati, del calibro del Four Season di Firenze, del Gallia di Milano, dell’Excelsior e del Saint Regis di Roma, accanto a tutte le aree di interesse turistico presenti in Costa Smeralda. Qui il bacino si allarga sino alla compagnia aerea Meridiana (per il tramite della Qatar Airways). A Londra poi i qatarioti sono presenti nell’hub finanziario di Canary Wharf, e a Milano nell’area di Porta Nuova, dove svetta la nuova torre di Unicredit.

A Parigi sono presenti nella squadra di calcio del Paris Saint Germain, fresca dell'operazione più onerosa di sempre per l'acquisto di Neymar dal Barcellona (che sarà il biglietto da visita per i Mondiali di Doha 2022). E in Italia in joint venture per supportare le aziende italiane insieme con la Cassa depositi e prestiti (Cdp). Un cappio o un aiuto?

Uno scenario d'insieme che non può essere letto solo con le parole di Donald Trump che ha parlato di un nuovo (ma generico) asse del male. Bensì deve essere attentamente valutato, per comporre un mosaico fitto e denso di punti fermi. Le ombre sono a oriente, con buona pace del vecchio e del nuovo inquilino della Casa Bianca, che hanno scelto una direttrice pur con mille incongruenze di base. I Fratelli musulmani, Hamas, Hezbollah, le milizie legate al mondo iraniano, accanto al folle episodio di pochi giorni fa legato al judoka israeliano premiato senza inno e senza bandiera nel silenzio colposo della politica mediterranea, sono soggetti attivi che non possono essere relegati a scomoda cornice in questa nuova partita.

Se fino a ieri, dopo gli attacchi alle Twin Towers, la pantomima di Colin Powell che si passava fra le dita una fiala di polvere spacciandola per antrace fu ingoiata senza battere ciglio, oggi il mondo che si dice democratico non può più permetterselo.

Perché non c'è più una bomba o un aereo che, ispirato da un macro disegno di terrore, piomba su migliaia di persone. Ma piccoli attacchi in stile Vietnam, folli armati di fucili e coltelli che vanno nei luoghi di vita come le piste ciclabili o il Bataclan, che passano indisturbati da Westminster fino a quella assurda agorà belga che da decenni ospita il semi del terrore e che prende il nome di Molembeek.

E non serve a niente prendersela, oggi, con la lotteria dei visti: i turisti argentini che stavano festeggiando il trentennale del loro diploma sono stati travolti da un'orgia di irresponsabilità figlia di una politica, di fatto, transgender. Che non si guarda nemmeno allo specchio per capire chi sia davvero.

 

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