Non conta che a bordo ci fosse il presidente della Regione. E non conta neppure che avesse superato il limite di 90 all’ora “per compiti istituzionali”. Insomma, è ora che il governatore abruzzese Luciano D’Alfonso se lo metta bene in testa: essere a capo della Regione non gli dà il diritto di fare come gli pare, e di sfrecciare sull’ auto blu oltre i limiti di velocità consentiti. Lo ha stabilito il giudice di pace di Chieti Clementina Settevendemie, rigettando il ricorso dell’autista Giancarlo Carosella, assistito dall’avvocato del presidente, Carla Tiboni.
Il copione è sempre lo stesso. Questa volta è il 23 dicembre 2016 e D’Alfonso viene beccato a 136 chilometri all’ora sull’asse attrezzato. L’autista, con il suo legale, in prima battuta tenta di dire che l’autovelox non funzionava bene. Poi, visto che l’autovelox funzionava alla perfezione, gioca la carta del “compito istituzionale”. Qui, il giudice di pace è stato lapidario:
“Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, nessuna norma di legge prevede che l’espletamento di compiti indifferibili e urgenti di una carica istituzionale sia prevalente, sic et simpliciter, rispetto alle limitazioni previste dal codice della strada».
Insomma, essere presidente di Regione o avere una missione importante non ti dà il diritto di violare il codice della strada. Perchè si verificherebbe
“una sorta di impunibilità invocabile col semplice espletamento di compiti istituzionali”.
Non è la prima volta che D’Alfonso supera i limiti di velocità e i suoi ricorsi vengono rispediti al mittente: già nel 2015 era stato pizzicato a 180 chilometri all’ora sull’autostrada, direzione Roma: multa, in quell’occasione, di 1400 euro. “Ero in missione istituzionale”, disse.
“Ai sensi dell’art. 4 della legge 689/81 – spiegò l’allora sottosegretario alla presidenza e compagno di partito Camillo D’Alessandro – non risponde delle violazioni amministrative chi ha commesso il fatto nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà legittima, ovvero in stato di necessità o di legittima difesa”.
Ma il prefetto rigettò la sua istanza perché “non c’era alcun motivo urgente e indifferibile”.
Ci riprovarono anche pochi giorni dopo, a giocare la carta degli appuntamenti istituzionali, quando sempre Dalfy prese un’altra multa, meno salata della precedente (336 euro) sull’autostrada, verso Avezzano. Chiese l’annullamento anche in questo caso, e anche in questo caso il ricorso venne rigettato dal prefetto.
ps: ormai dovrebbe essere chiaro: il presidente di Regione o chiunque abbia compiti istituzionali, non è esentato dal rispetto delle leggi. Insomma, è un cittadino come un altro. Vivaddio.