Rinvio dopo rinvio, impegno dopo impegno, e ora il decreto terremoto e poi la convocazione dei parlamentari: con una scusa dopo l’altra la direzione del Pd abruzzese, leggi Camillo D’Alessandro, si attacca a tutto pur di rinviare la resa dei conti. Il Pd è quindi ostaggio della minoranza, di quella stessa minoranza battuta al congresso che ha visto l’affermazione anche in Abruzzo della lista Zingaretti col 60 per cento dei consensi. E’ dal giorno successivo al congresso che il nuovo segretario nazionale aveva chiesto che i congressi regionali si facessero subito, il prima possibile, per dare la possibilità di andare alle elezioni con una nuova classe dirigente. Invece no, in Abruzzo non è stato possibile, unica regione in Italia.
Così il buon Camillo convoca il 6 maggio la prima direzione regionale, poi causa “assenza parlamentari impegnati a Roma nella discussione emendamenti decreto crescita e terremoto” rinvia al 13 maggio, e poi “causa ulteriore convocazione dei parlamentari a Roma”, rinvia di nuovo a ieri. Melina che più melina non si può. L’obiettivo naturalmente è far finta di niente, continuare a tenere le redini del partito, comandare.
E c’è una ragione, più forte delle altre, che tiene fortemente ancorata alle poltrone gli esponenti di minoranza della mozione Martina (a cui fanno capo D’Alessandro, Luciano D’Alfonso, Stefania Pezzopane, lo stesso capogruppo Pd alla Regione Silvio Paolucci e il consigliere Dino Pepe): ed è la paura che cada il governo e che si vada a nuove elezioni. In quel caso, sarebbe molto in forse una ricandidatura di Dalfy e di tutti gli altri, e allora meglio tenere in caldo le sedie del partito.
Il fatto è che gli organi regionali sono scaduti da un pezzo, mentre il tentativo di Dalfy & c è di far slittare ancora il congresso in autunno, per vedere che succede.
Ed è quello che è successo ieri sera, in via Lungaterno a Pescara, presenti pochissimi democrat. D’Alessandro l’ha ribadito, senza timore: meglio andare a settembre, che fretta c’è. E quando gli hanno fatto notare che gli organismi sono scaduti, lui ha tenuto il punto, confortato dalla Pezzopane: meglio rivedersi dopo le elezioni, ha detto, in quell’occasione discuteremo le date del congresso ma in ogni caso mai prima di settembre.
Il coordinatore regionale Renzo Di Sabatino a quel punto ha annunciato però le sue dimissioni dal giorno dopo le elezioni del 26 maggio. Tra poco quindi il Pd abruzzese sarà privo del reggente. Anche Giovanni Lolli è intervenuto per porre il problema delle prossime possibili elezioni politiche: che succederà in Abruzzo se a Roma si dovesse tornare a votare? ha chiesto. Nulla, le elezioni vogliono evidentemente continuare a gestirle loro, anche se hanno perso.
C’è un’incognita però, ed è rappresentata dallo Statuto del partito, che prevede l’intervento del segretario nazionale in caso di inadempienza degli organi regionali: commissariamento, quindi. Ed è questa la direzione che inevitabilmente prenderà il Pd abruzzese.