Enel intende accelerare sull’addio al carbone, una svolta green che ha però bisogno della collaborazione del governo: la deadline al 2025 fissata nella Sen (Strategia energetica nazionale) potrà essere rispettata solo se le autorizzazioni necessarie arriveranno in tempo. Tradotto: occorre spingere e non lasciare che l’iter si blocchi o venga ritardato dai consueti veti incrociati che rendono sempre difficile in Italia gli investimenti infrastrutturali.
Questo sostanzialmente è il riassunto di quanto affermato dal direttore Italia di Enel Carlo Tamburi durante l’audizione alla commissione attività produttive della Camera sul Piano Energia e Clima al 2030. C’è grande disponibilità a procedere per la sostituzione progressiva del carbone al 2025 ma in presenza di percorsi rapidi e certi. Un forte annuncio che arriva alla vigilia dell’assemblea del gruppo Enel, in programma oggi (16 maggio) a Roma, dove i soci dovranno approvare il bilancio 2018 e la distribuzione del dividendo.
Presentata dunque la domanda per l’iter di nuove capacità a gas su quattro impianti: La Spezia, Fusina (Venezia), Torre Nord (Civitavecchia) e Brindisi verranno convertiti in impianti a gas a ciclo aperto da 500 MW ciascuno, ma potranno anche essere trasformati in impianti a ciclo combinato, assicurando inoltre ai commissari il mantenimento degli attuali livelli occupazionali. Anzi, in fase di costruzione l’occupazione persino aumenterà.
Per realizzare questo progetto e rispettare i tempi della Sen, Enel ha bisogno di ricevere le autorizzazioni del governo: risultano fondamentali gli iter autorizzativi accelerati e strumenti di remunerazione.
Il manager Tamburi invia quindi un messaggio chiaro: i tempi sono compatibili con un 2025 di riferimento; per fare gli impianti a gas, che si costruiscono in due anni o poco più, si avrà un anno come cuscinetto per le autorizzazioni. La pianificazione delle attività potrà essere garantita solo avviando sin da ora l’iter per l’ottenimento delle autorizzazioni necessarie.
L’uscita dal carbone entro il 2025 in aggiunta farà venir meno circa 8mila MW di impianti programmabili da gestire tramite opportuni interventi per garantire la sicurezza e l’adeguatezza del sistema elettrico nazionale nel suo medio termine.
Tra gli altri passi da fare per una sicura transizione energetica, Tamburi ha citato lo snellimento autorizzativo per lo sviluppo delle rinnovabili e della rete di trasmissione (al momento ci vuole una media di 11 anni per ogni linea), ma anche la soluzione per il capacity market. Infine sarebbe necessaria una riduzione della dipendenza dall’import dalla Francia che è uno dei fattori strategici per il Paese e anche per ridurre le bollette.
Il margine di riserva è di appena il 10%, cioè 6 GW: ciò vuol dire che è coperto solo grazie alla disponibilità dell’import dai paesi confinanti. Invece un margine di riserva opportuno dovrebbe essere pari almeno al doppio. In conclusione, considerando che verranno chiusi tutti gli impianti a carbone e anche alcuni a gas serve un nuovo contributo fatto di rinnovabili, nuove interconnessioni e accumuli.
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