Ogni singolo passo della nostra vita viene fatto verso un'unica direzione: quella di assicurare una serenità affettiva ed una tranquillità economica a noi stessi ed a tutti i membri della nostra famiglia. La costruzione di rapporti professionali e di amicizia segue a ruota, ogni qual volta riusciamo ad addormentarci la sera nella consapevolezza che il mattino seguente avrà una prospettiva positiva.
Eppure, una delle sciagure più grandi del nostro tempo, in grado di minare dal basso la struttura della nostra esistenza, sgretolandola con uno stillicidio esasperante, risulta indubbiamente essere la precarietà lavorativa. E, quindi, l'incertezza di poter fronteggiare anche le spese minime ed essenziali per garantirsi un'esistenza libera e dignitosa. Le banche, dal canto loro, chiudono i rubinetti, centellinando prestiti anche di esiguo importo ed erogandoli solo dietro la presentazione di garanzie che, spesso, non sono ragionevolmente esigibili.
Ed allora la disperazione prende il sopravvento e l'idea che farla finita rappresenti l'unica, drastica soluzione inizia a farsi strada, martellando la mente come un chiodo pneumatico. Nessuno escluso. Forse non tutti sono a conoscenza dell'esistenza di una legge, definita tragicamente “salva-suicidi”, che dovrebbe venire in contro alla disperazione di chi ha già messo un cappio al proprio collo ed attende solo di buttarsi giù. La Legge n. 3 del 2012 prevede l’attivazione di una procedura in Tribunale a favore dei soggetti sovraindebitati, ossia di una persona, una famiglia o una piccola impresa, che per ragioni di qualunque natura trovano difficoltà insormontabili a pagare i debiti a proprio carico, senza avere alcun patrimonio prontamente liquidabile utile a coprire il debito contratto e scaduto.
E’ considerato come sovraindebitato anche il soggetto che non sarà in grado di saldare in quel lasso di tempo che la norma definisce come “breve termine” La Legge “salva-suicidi” non va, però, interpretata come una mera operazione di sanatoria del debito. Attraverso questa Legge si vuole, piuttosto, costruire un ponte tra le esigenze delle due parti coinvolte nella situazione di sovraindebitamento: il debitore, da un lato, ed i creditori, dall’altro. Non è certo una panacea in grado di annullare completamente il problema del debito.
Se sono però presenti le condizioni richieste, in qualche mese il soggetto sovraindebitato può ottenere l’approvazione da parte del tribunale di competenza di un piano operativo che riconduce l’ammontare del debito a quanto sia realmente possibile pagare. Ciò permette al debitore di ritrovare la serenità all’interno di tutti gli ambiti sociali che caratterizzano la sua esistenza: famiglia, lavoro, relazioni. E mi pare una valida alternativa a quell'odioso cappio.
twitter@ImpaginatoTw