Un quadro a tinte fosche e di nuovo una bocciatura che si somma all’ormai lunga lista delle altre: nuova sforbiciata al Pil che quest’anno cresce dello 0,1%, occupazione che tira il freno a mano, debito ancora in aumento e deficit che nel 2020 sfora il 3% senza i 25 miliardi dell’aumento dell’Iva o misure equivalenti.
L’Italia chiude diverse classifiche dei Paesi Ue nelle previsioni economiche della commissione europea: la crescita sommessa e l’allentamento di bilancio intaccheranno inevitabilmente i conti pubblici, con deficit e debito destinati a salire fortemente; infatti nella nuova stima (che non comprende le clausole di salvaguardia con l’aumento dell’Iva) il deficit sale a 2,5% nel 2019 e 3,5% nel 2020, mentre il debito schizza a 133,7% quest’anno e 135,2% il prossimo quando in autunno la stima era di 131% e 131,1%.
Il nostro paese risulta dunque essere fanalino di coda in Ue per crescita, investimenti e occupazione, ma anche per il resto dell’eurozona non sono tempi d’oro: la crescita continua a frenare a causa delle incertezze globali con il recente rallentamento della crescita e del commercio mondiale.
Ma a questo punto con il Pil fermo e il deficit in aumento, per rimediare alle mancate correzioni degli ultimi due anni il governo dovrebbe adottare una manovra monster da almeno 35 miliardi. Difatti c’è un appuntamento dal commercialista che il governo italiano non potrà mancare in autunno: quello in cui si fanno i conti del fabbisogno per la prossima legge di bilancio, la quale partirà da una base di 35-40 miliardi.
I conti sono semplici: Iva e accise ne valgono 23,5 ed è impossibile evitare gli aumenti a deficit a meno di non volersi infilare in un’altra tempesta finanziaria; poi ci sono le uscite obbligatorie, calcolate dall’ufficio parlamentare di bilancio in 2,7 miliardi per il 2020, a cui bisognerebbe sommare il miliardo che serve per il rinnovo dei contratti nella scuola.
Su questa base vicina ai 27 miliardi si innesta la correzione del passato, che imporrà di recuperare almeno una parte dei 12 miliardi di mancato aggiustamento 2018 e 2019, e quella del presente. Ma lo stesso Def aggiunge un aggiustamento del deficit da 4 miliardi, in carico prima di tutto ai 2 miliardi aggiuntivi di spending review scritti ma da attuare. Da questo punto di vista le stime di Bruxelles non contemplano grosse sorprese perché l’aumento di deficit strutturale calcolato per il 2020 (1,2% del Pil) è praticamente pari agli aumenti Iva che le calcolatrici europee non considerano.
Nei programmi italiani quest’ultimo aggiustamento è a carico della spending review: ma i due miliardi messi a preventivo per il prossimo anno (0,1% del Pil) da soli non bastano, e avrebbero bisogno quanto meno di una replica della clausola della spesa da altri due miliardi già attivata quest’anno. Sostanzialmente un conto pieno, che contempli il recupero integrale degli sforamenti 2018-2019, volerebbe fino a 40 miliardi.
Da qui partirà l’ennesimo round di negoziati con la Ue per scontare almeno in parte la vecchia mancata correzione oppure per far salire il deficit a quota 2,9% (ipotesi comunque finora smentita ufficialmente dal ministro Tria): in entrambi i casi, lo sconto difficilmente arriverebbe vicino ai 10 miliardi.
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