Tutto già visto, purtroppo. Fine compresa. La parabola dei Cinquestelle sembra viaggiare ormai in un'orbita delineata. Accade solo qui in Italia, del resto, che ogni volontà di cambiamento muti rapidissimamente in stasi. Col dinamismo delle origini ridotto a rinculare e, infine, a spegnersi.
Dev'essere un tratto genetico nostrano, difficile da modificare, tanto la sua riproposizione è ciclica. Qualunque sia l'intenzione, la parola d'ordine, seppur la migliore possibile, una volta varcata la soglia del Palazzo, come d'incanto, la pretesa della politica di cambiare abitudini e atteggiamenti, s'accascia. Langue dapprima, per poi svanire del tutto tra le vellutate stanze dove non solo la notte ma, pure mattino e pomeriggio c'è chi s'affanna a sibilare il giusto consiglio.
Tutto già visto, purtroppo.
È così che naufraga il desiderio di dare voce e speranza a chi mai ne ha avuta. Che soffoca tra sorrisi ammiccanti, brindisi e quei soffici cuscini dei salotti il cui invito non si può rifiutare. La storia, imperterrita, se la ride e, puntualmente, si ripete: partiti per cambiare tutto, finì che cambiarono del tutto.
È successo ad altri ben più attrezzati culturalmente. Ora sta capitando a loro, ai pentastellati.
Vincono le elezioni, i ragazzi terribili di Beppe Grillo e lo fanno con tutti i giornali contro, tutte le tv contro, tutti i commentatori contro, tutta Confindustria contro, tutta l'Abi contro, tutti i boiardi contro. Contro tutto e contro tutti.
Ma, invece di spingere su quell'acceleratore del cambiamento che li ha portati al successo, ecco che incredibilmente s'accucciano. Si adeguano pian piano alla vulgata, et voilà!: l'opinione di 'Corriere' e 'Repubblica' diventa anche la loro verità. Così appare improvvisamente normale difendere Fabio Fazio, quel suo contratto milionario e la centralità di una Rai i cui conti tutti noi (purtroppo!) paghiamo ogni mese in bolletta. Così come sembra del tutto logico attaccare Salvini se a Napoli, feudo della sinistra arancione di De Magistris, sparano in strada a bambini innocenti. Persino i panni logori e antistorici di un antifascismo militante diventano buoni da indossare.
E Luigino Di Maio infatti se li infila subito, nella malriposta speranza che gli buttino via quelli sconvenienti di "bibitaro del San Paolo". Tutto già visto, purtroppo. Fine compresa.
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