#IlCampione (Regia: Leonardo D’Agostini. Con: Stefano Accorsi, Andrea Carpenzano, Massimo Popolizio, Ludovica Martino, Mario Sgueglia, Anita Caprioli, Camilla Semino Favro. Genere: Commedia, Drammatico)
Avete presente quando al cinema sperate che per qualche incantesimo il film non finisca? O che il tempo si dilati e le luci non si accendano e sullo schermo continuino a scorrere le immagini di quella storia che vi piace moltissimo? A me è successo con Il campione, opera prima di un regista 42enne sconosciuto, Leonardo D’Agostini, che (incredibile!) non ha nemmeno una pagina su Wikipedia. Con coraggio, profondità e mano da cineasta d’esperienza ha messo sul grande schermo un tema attuale e importante: quello della cronica mancanza di cultura ed educazione del mondo milionario del calcio, le conseguenze nefaste di uno sport che senza queste fondamenta si trasforma in un circo. Mettere immense quantità di denaro in mano a un ragazzino improvvisamente diventato ricco e famoso dando calci a un pallone, che effetto fa?
Si parte da qui, nei panni di Christian Ferro, un eccezionale Andrea Carpenzano, classe 1995, già apprezzato in La terra dell’abbastanza (qui la mia recensione del 2018: https://cinedecimamusa.blog/2018/06/17/la-terra-dellabbastanza/). Il protagonista è una stella nascente della Roma (naturalmente se siete giallorossi uscirete dal cinema con il batticuore!); è nato e vissuto in un quartiere periferico della capitale, ha già provato il dolore dell’abbandono della persona che più lo amava, sembra non avere regole e non essere nemmeno capace di rispettarle. Ma tant’è: quando tocca la sfera di cuoio è capace di fare miracoli.
E si fa amare ed odiare, perché è geniale quanto aggressivo, fantasioso e imprevedibile; pieno di vizi assurdi, intontito dall’ignoranza (ha abbandonato gli studi: a scuola era un disastro). Ebbene: un manager illuminato (almeno così sembra…), interpretato da Massimo Popolizio (indimenticabile Benito Mussolini in
Sono tornato: https://cinedecimamusa.blog/2018/02/10/sono-tornato/) decide che è l’ora di finirla, che il ragazzo va istruito, in qualche modo: solo cosi c’è speranza di interrompere una spirale di scandali e polemiche che fa male alla squadra, quindi ai suoi affari. Irrompe per questa strada inaspettata nell’esistenza dorata di Ferro un professore un po’ sdrucito, assunto immediatamente con una retribuzione da capogiro (certo non paragonabile a quella ministeriale) quando durante i colloqui per selezionare gli aspiranti emerge che Valerio (Stefano Accorsi) nemmeno sa chi sia il fenomeno calcistico che ha davanti. Non segue la serie A, si disinteressa dello sport più popolare del mondo! Il film racconta il rapporto tra lui e Christian; lo scontro tra due concezioni antitetiche, gli effetti dello studio sul comportamento di una persona abituata a sentirsi al pari di Dio.
Ho trovato geniale la scena in cui il professore, dopo avere capito quale sia la strada per raggiungere Christian, la applica alla prima guerra mondiale: spiegandogliela come uno schema calcistico, disegnando e incasellando gli eventi su una lavagna, con il pennarello cancellabile come fanno gli allenatori. D’altronde, qualcuno ha detto che il calcio è una metafora bellica… I concetti del film sono semplici ma positivi ed utili: non ci sono ragazzi stupidi, ogni cervello ha la sua combinazione per aprirsi ad apprendere, basta avere la pazienza di capirla; lo studio è importante, così importante che è necessario andare controcorrente, in una società che sembra volerlo quotidianamente svalutare, e metterlo al centro di ogni percorso di crescita.
Bravissimo Stefano Accorsi a calarsi in questo personaggio così combattuto e malinconico, anche lui, come il suo allievo, segnato da una perdita. Il mondo del calcio è rappresentato con impietoso realismo, con la sua allegra e perduta superficialità, le “sempiterne belle” (citazione da Francesco Guccini) che ronzano intorno ai calciatori, i social che sostituiscono i rapporti umani, la felicità ridotta a quante Lamborghini hai parcheggiare davanti alla villa con piscina.
Che coraggio, un film così sul calcio. Per me 4 ciak