Non so se siete d'accordo con quanto sosteneva Sigmund Scholmo Freud - neurologo, psicoanalista e filosofo austriaco, fondatore della psicoanalisi, sicuramente la più famosa tra le correnti teoriche e pratiche della psicologia – secondo il quale “i mestieri più difficili in assoluto sono nell’ordine il genitore, l’insegnante e lo psicologo”. Io credo, invece, che si equivalgano.
Per quanto riguarda il primo credo che più che un mestiere sia un vero e proprio stile di vita, un cambiamento così radicale delle proprie abitudini che soltanto la nascita di un figlio è in grado di determinare in maniera irreversibile. Nessuno può insegnare a qualcuno come essere genitore. Ci sono, a tutto concedere, delle indicazioni di massima che possono ritenersi valide in linea generale, ma poi ogni famiglia fa storia a sé. Genitore impari ad esserlo sul campo, con la pratica quotidiana, fatta di tentativi, di sbagli, di rimproveri e di incoraggiamenti. Il mestiere dello psicologo, poi, riveste un ruolo ancora sottovalutato (almeno in Italia), a volte nascosto da chi vi ricorre per incomprensibile vergogna, quando il coraggio di affrontare e prendere di petto quello che non va della nostra vita dovrebbe, piuttosto, rappresentare motivo di orgoglio. Impegno, flessibilità, sincerità, umiltà, coraggio, amore e capacità di riconoscere i propri errori. E perfino un pizzico di follia.
Sono alcune delle caratteristiche che rendono uno psicoterapeuta davvero eccellente. E poi c'è l'insegnante. La seconda figura di educatore, dopo la famiglia, con cui ciascuno di noi viene in contatto sin dalla più tenera età. Fare l’insegnante comporta una grande responsabilità unita ad una grande forza e un’indomabile passione, caratteristiche che si devono avere per trasmettere agli studenti del nostro tempo quell’entusiasmo necessario e vincente per far apprendere loro, più che i contenuti disciplinari, gli strumenti indispensabili per affrontare le asperità della vita e raggiungere traguardi elevati.
L'insegnante deve confrontarsi quotidianamente non solo con i propri alunni, ma anche con i colleghi, con i quali non sempre riesce a costruire rapporti di colleganza fruttuosi, arrivando persino a citarli in giudizio per ottenere un risarcimento danni per il presunto “stress” subìto (quando, addirittura, non lamenti un vero e proprio “mobbing scolastico”).
Ebbene, di recente la Corte di Cassazione (sezione lavoro, sentenza n. 3124 del 29 gennaio 2018) ha stabilito che nessun risarcimento va riconosciuto al Dirigente Scolastico che aveva riportato dei danni derivati dallo stress causato dal forte malcontento dei docenti, assumendo – tra l'altro – che la situazione di conflittualità avrebbe potuto trovare una composizione se il Dirigente, anziché assumere un atteggiamento oltranzista ed intransigente, avesse dialogato ed ascoltato le ragioni dei colleghi. Chissà cosa direbbe Freud…
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