Era quasi certa la Pasqua di resurrezione politica. E tuttavia quell'avverbio, quel "quasi" che avrebbe potuto sottolineare, giammai condizionare l'ineluttabilità del destino, alla fine ha scombinato i piani e pure i festeggiamenti. Era quasi certo che collassasse il governo Conte con tutti i filistei pentastellati e leghisti.
La quasi certa Pasqua di resurrezione politica era stata annunciata, rivelata, anticipata, descritta, con minuzia di dettagli e retroscena, da quelli che tutto sanno. Ogni sincero e democratico "gazzettiere" ne aveva spiegato i contorni e gli sbocchi possibili dalle colonne di ogni autorevole giornale e da ogni studio televisivo. Troppo forte lo scontro.
Quel che dapprima poteva sembrare solo finzione adesso era cruda realtà. Leghisti e Cinquestelle ai ferri corti, l'un contro l'altro armati. L'indagine su Siri e sull'eolico (e, così, buonanotte-al-secchio a Greta ai gretini e allo sviluppo delle energie alternative!), le registrazioni della Raggi sull'Ama, il debito storico della Capitale, Salvini il 25 aprile a Corleone, Di Maio il 25 aprile con la Brigata ebraica: troppo per una semplice pantomima!
Quei due non scherzano, si menano davvero. Perciò è chiaro che se il governo crolla, tutti tornano di nuovo in campo. Proprio tutti. A cominciare da Zingaretti e quel che resta del Pd, dai rimasugli della fu invincibile armata berlusconiana, da banchieri e industriali e 'leali' servitori dello Stato sempre pronti e sempre disponibili a vestire i comodi panni di 'riserva della Repubblica' e bla-bla-bla. La rottura è cosa fatta, è nei fatti, è dietro l'angolo, è certa. Epperò, infine, non c'è. Non si verifica.
Lo scontro frontale, raccontato con ogni particolare e con tutta l'enfasi del caso, non genera la separazione auspicata. Passa la quasi certa Pasqua di resurrezione politica, la pasquetta pure, lo scirocco s'attenua e poi svanisce, ma il governo gialloverde no, quello sta ancora in piedi.
Alla salute delle gazzette. Che dovranno adesso trovare spunti nuovi e diversi per argomentare la fine prossima ventura. Che immancabilmente, come da adesso in poi leggerete e sentirete!, avverà dopo le europee e dopo il "ribaltamento" dei rapporti di forza tra i due. Senza se e senza ma. E senza che nessuno spieghi però, per quale arcano motivo l'uno, Luigi Di Maio, dovrebbe sbaraccare e tornarsene, letteralmente!, a casa.
E l'altro, Matteo Salvini, dovrebbe rompere e tornare a questionare con i Tajani e le Ronzulli. Credibile? Quasi.
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