“Cioè, non me ne frega un ca@@o di niente di quello lì, cioè con tutto il rispetto per me l’emergenza è un’altra”.
Così parlò Giancarlo Verzella, funzionario della prefettura di Pescara, indagato per depistaggio e frode processuale nell’inchiesta bis sulla strage di Rigopiano.
Un’altra intercettazione che indigna ma non è l’unica. Qualcuno ha provato a cancellare le tracce dell’unica telefonata che forse avrebbe potuto cambiare la storia di quel maledetto pomeriggio del 18 gennaio 2017. Ora in sette rischiano il processo, e nell’elenco c’è l’allora prefetto di Pescara Francesco Provolo, i viceprefetti Salvatore Angieri e Sergio Mazzia e i dirigenti Giancarlo Verzella, Giulia Pontrandolfo, Daniela Acquaviva e Ida De Cesaris.
Lì, in quella prefettura che avrebbe dovuto gestire l’emergenza neve del 18 gennaio 2017, c’erano dirigenti “incapaci” e “sfaticati”, secondo la definizione dello stesso Provolo. Dove le richieste di intervento dei cittadini venivano scarabocchiate su foglietti volanti, prima di perdersi chissà dove.E un brogliaccio viene tenuto nascosto per quasi due anni: quello nel quale era stata annotata la telefonata del cameriere Gabriele D’Angelo. La telefonata (la cui esistenza è stata svelata da Ezio Cerasi al Tgr Abruzzo nel novembre scorso, quando saltò fuori il brogliaccio da cui era stato strappato l’appunto) venne presa dalla funzionaria Giulia Potrandolfo: segnalava l’isolamento dell’albergo e la richiesta dell’invio di un mezzo spazzaneve, ma non risulta in nessuna delle relazioni che la prefettura consegnò agli investigatori.
Provolo viene intercettato:
“Guarda tu non hai idea – si sfoga con la prefetta Gerardina Basilicata, che lo ha sostituito a Pescara – stavo senza vicario, un capo di gabinetto di merda… la dirigente sta sfaticata… Figurati io il 18 gennaio non sono riuscito nemmeno a scendere giù in sala operativa per vedere i casini che stavano facendo. (…) Che quella era una cretina che non sapeva gestire la sala operativa lo sapeva tutto il mondo!”.
Coordinatrice della Sala operativa, e probabile oggetto dell’ira di Provolo, è la dirigente Ida De Cesaris, anche lei innervosita dalla notizia dell’apertura di un filone d’indagine sul depistaggio.
“Ma poi uno che mi telefona la mattina – si legge in un’intercettazione della De Cesaris – sei ore prima della valanga, io avevo richieste (…) boh, quello mi dice “abbiamo paura”, e se avete paura state lì al caldo belli belli, qualcosa facciamo”.
La De Cesaris è indagata anche per falso, perché dichiarò di essersi prontamente attivata e invece no, niente di tutto questo.
Ma c’è anche un’altra telefonata che indigna quanto quella della De Cesaris ed è ancora di Verzella, che si sfoga sugli avvenimenti del 17 e 18 gennaio:
“Dovevo segnalare altre situazioni, dovevo tenere presenti altre cose. Cioè, per me era più importante cercare una turbina per liberare le strade che uno che mi telefona e dice ho paura, sto all’albergo di Rigopiano”.
ps: Una matassa torbida, e sempre più ingarbugliata, dalla quale emerge una sola certezza: che tutti hanno provato fino all’ultimo a cancellare le tracce dei ritardi e della sottovalutazione degli allarmi e delle segnalazioni di quel giorno.
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