Due miliardi per Bussi


Il Ministero dell'Ambiente e la Regione Abruzzo hanno citato in giudizio Edison Spa


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
11/04/2019 alle ore 10:14



Pronti per la causa civile. Non tutto è perduto per Bussi e così il Ministero dell’Ambiente e la Regione Abruzzo hanno citato in giudizio Edison Spa ed alcuni imputati del processo penale relativo ai fatti di disastro ambientale e di avvelenamento delle acque nel territorio di Bussi sul Tirino. Quasi due miliardi di euro di risarcimento. Una intuizione dell’Avvocato Cristina Gerardis, che ha seguito il processo sin dalle prime fasi in sede penale e che subito dopo l’assoluzione degli imputati aveva annunciato: non mi arrendo, un’altra strada per assicurare giustizia a Bussi c’è. Ed è questa qui: 150 pagine di citazione, curate da lei che ha ottenuto la delega dell’Avvocatura generale per seguire da vicino la vicenda Bussi.

Eh sì: perché gli esiti del processo penale, sebbene non abbiano consentito l’applicazione della pena agli imputati riconosciuti autori dei delitti, sono stati però sufficienti per avviare l’azione civile, visto che è stato accertato sia il disastro ambientale sia l’avvelenamento delle acque. Ministero e Regione chiedono complessivamente un miliardo e mezzo di euro per ottenere il ristoro del danno ambientale e, per quanto riguarda la Regione Abruzzo, anche del danno all’immagine, oltre che il ripristino dello stato dei luoghi, attraverso interventi di riparazione ambientale dei territori coinvolti. Inoltre viene chiesto a Edison Spa di provvedere alla bonifica integrale delle aree di Bussi e dell’intera Val Pescara. La richiesta è basata in parte su una consulenza dell’Ispra, l’Istituto per la protezione e la ricerca ambientale.

“Una causa del genere è destinata a fare storia, ha pochi precedenti: lo Stato intende fare rispettare un principio comunitario, ‘chi inquina paga’, evitando di far pagare il costo del danno ambientale alla collettività, ai cittadini – spiega Cristina Gerardis – La sostanziale unicità di questo procedimento risiede nella sua complessità e nella rilevanza del disastro ambientale, già emerso nel processo penale conclusosi, in un territorio verde d’Italia, in una zona ricca di acqua e aree protette. Il tribunale ora dispone di tutti gli elementi per dare attuazione a quel principio e gli abruzzesi, e non solo, possono guardare con fiducia al futuro di Bussi”. Nel provvedimento si richiamano due principi comunitari in materia di diritto ambientale. Primo: “chi inquina paga”. Quindi c’è l’obbligo di ripristinare l’integrità dei luoghi e, laddove non fosse possibile, di attuare misure compensative nei riguardi della popolazione.

Secondo: la responsabilità sostanziale dell’impresa che ha tratto vantaggio dai risparmi sugli investimenti per la tutela dell’ambiente. L’Istituto Superiore di Sanità ha accertato già nel 2014 “un pericolo significativo e continuato” per la popolazione che ha consumato l’acqua dei territori interessati. Per circa trent’anni, infatti, i comuni della Val Pescara hanno utilizzato quella dei pozzi di Colle Sant’Angelo, a valle del sito industriale, risultata poi contaminata da sostanze clorurate. Non a caso, già la Corte d’Assise d’appello dell’Aquila aveva parlato di attività di contaminazione “straordinariamente grave e complessa” delle matrici ambientali per “durata, ampiezza e intensità”. Il prossimo 15 luglio la Edison dovrà presentarsi davanti al Tribunale dell’Aquila, per la prima udienza di un processo civile di cui si ricordano pochi precedenti.