Vi confesso che sono una persona molto curiosa ed in perenne ricerca di crescita personale e culturale. Per questo non limito l'ambito delle mie letture ad alcun argomento particolare, ma cerco di spaziare ed ondeggiare tra le materie più disparate, anche tra quelle che – apparentemente – non sembrano avere alcun punto di collegamento tra loro.
Ad esempio, seguo sempre con molto interesse la rubrica “Chiedilo a Freud” perché ritengo che affronti questioni e problemi di vita quotidiana con competenza e, soprattutto, semplicità di linguaggio, rendendo comprensibili sfaccettature tecniche la cui soluzione può notevolmente migliorare la qualità della nostra esistenza.
Uno dei temi affrontati che ho trovato di rilevante attualità attiene a quello della infedeltà virtuale, dove coppie in situazione di crisi conclamata anziché avere il coraggio di affrontare insieme un percorso terapeutico, mettendo a nudo pregi e (soprattutto) difetti del “ménage”, preferiscono rifugiarsi dietro uno schermo, appagando il loro bisogno di sicurezza attraverso rapporti virtuali che allontanano dal piano di realtà ed aumentano ancor di più la distanza tra loro.
Per non parlare, poi, dei processi di separazione e divorzio, dove vengono depositati sempre più di frequente chili di conversazioni proibite tra il partner infedele e l'amante di turno, dopo essersi accuratamente procurati le password di accesso alle varie chat o ai social.
Bene, al riguardo sconsiglio vivamente di assumere simili atteggiamenti clamoristici poiché, nella pur comprensibile delusione e ferita conseguenti alla scoperta di rapporti virtuali fedifraghi, se del tradimento si vuole dare prova accedendo ai social con le credenziali del coniuge, non solo è un errore ma è anche un reato, previsto dall'art. 615-ter del codice penale (accesso abusivo a sistema informatico o telematico).
La Corte di Cassazione Penale, con la sentenza n. 2905 del 2019, ha infatti stabilito che la circostanza di essere a conoscenza delle chiavi di accesso al sistema informatico non esclude il carattere abusivo degli accessi. Mediante questi ultimi, infatti si ottiene un risultato certamente in contrasto con la volontà della persona offesa ed esorbitante rispetto a qualsiasi possibile àmbito autorizzatorio del titolare.
Come dire, l’utilizzo di credenziali deve avvenire secondo le indicazioni, le modalità e l’impiego consentiti dal titolare e non per scopi ulteriori che non siano coperti dal suo preventivo avallo. Le crisi di coppia a volte ci fanno perdere di vista il confine tra ciò che è lecito e ciò che non lo è.
D'altronde, come saggiamente affermato da Anna Eleonor Roosevelt, “se qualcuno ti tradisce una volta, è un suo errore, se qualcuno ti tradisce due volte è un tuo errore.”
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