La chiusura della redazione romana del Giornale? Segnale di resa incondizionata a Salvini


Un fatto che non può in alcun modo essere derubricato a mera questione gestionale: è stata una fucina di idee e un cenacolo di intelligenze


di l'innocente
Categoria: CapoVerso (rubrica innocente)
27/03/2019 alle ore 16:53



Segno dei tempi. E perciò Silvio Berlusconi, che i tempi li precorre da sempre, decide di chiudere la redazione romana del Giornale. Anche se tecnicamente l'imput è dell'ad Ernesto Mauri e del fratello Paolo, editore. Segno dei tempi e di resa. Resa incondizionata, nella tradizione del Belpaese. Anche se è chiaro a tutti che il Cavaliere avrebbe voluto consegnarsi, mani e piedi, a quell'altro di Matteo. A Renzi. 

Comunque lo si guardi, sbaraccare la redazione romana è fatto che non può in alcun modo essere derubricato a mera questione gestionale. Emorragia di vendite e una evidente schizofrenia editoriale (più che presenti nella storica testata che fu di Indro Montanelli) non giustificano e non bastano a spiegare. Il Giornale, e proprio la sua redazione romana (che produceva anche le pagine culturali!), è stata una fucina di idee, un cenacolo di intelligenze, uno spazio confortevole per ogni libertà negata o derisa. Un fiore all'occhiello.

Certo, i dati economici, i numeri, incidono su qualunque azienda. Ma, mai e poi mai il Berlusconi prestato alla politica da oltre un quarto di secolo avrebbe accettato e avallato l'idea di tagliare un ramo del suo albero. Almeno fin quando si è sentito davvero in campo. Segno dei tempi e di resa, quindi.

Della presa d'atto che una stagione è davvero finita. E nonostante i lodevoli tentativi del povero Antonio Tajani - cui proprio la redazione romana fece da culla - di allontanare da se e dalle prossime elezioni europee lo spettro del totale disimpegno del Signore di Arcore.

La verità, quella che raccontano sottovoce, è che con la chiusura della redazione romana del Giornale, non solo il segnale è chiarissimo ma, soprattutto la famiglia tira un sospiro di sollievo: in primis Marina, confortata da Fedele Confalonieri e, adesso, pure da Gianni Letta. Inutile continuare a remare controcorrente; infruttuoso continuare ad attaccare il leader leghista; improduttivo dal punto di vista della ovvia tutela delle aziende. Eccole le tre "i" che hanno imposto a Segrate la svolta. E hanno inguaiato i redattori (incolpevoli).

Ecco spiegato il "signori si chiude". A meno di non voler credere all'ultima cattiveria di un Berlusconi mutato in Grinch, Il pupazzo verde campione d'incassi al cinema. Che non era cattivo. Aveva solo due taglie di cuore in meno.

 

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