Non tutti hanno la fortuna o, semplicemente, l'interesse di occuparsi di questioni giuridiche e ritengo, pertanto, che alcune sentenze sbattute in prima pagina, seguite da didascalìe spesso ironiche e fuorvianti, vadano spiegate per poter essere comprese.
All'esito di un giudizio abbreviato, tre individui sono stati condannati per il reato di furto aggravato dall'esposizione della cosa alla pubblica fede per essersi impossessati di un ingente quantitativo di sabbia marina, caricandola a bordo di un autocarro.
Giustamente mi chiederete cosa voglia dire, in primo luogo, “esposizione alla pubblica fede”. Semplificando al massimo i termini della questione, si può dire che un bene viene esposto alla pubblica fede ogni volta in cui il proprietario della cosa ripone fiducia nella coscienza civile dei cittadini trovandosi costretto a dover lasciare i propri oggetti nella piena disponibilità della collettività. Pensate ad un'automobile o ad un motociclo parcheggiati nelle pubbliche vie oppure ai prodotti da banco nei supermercati. Insomma, il proprietario si fida che nessuno gli sottrarrà quanto gli appartiene.
Tornando ai nostri ladri di sabbia, secondo quanto stabilito dall'art. 882 del codice civile, il lido del mare e la spiaggia (e, quindi, anche la sabbia che la compone) fanno parte del demanio marittimo dello Stato: sono, cioè, beni di proprietà dello Stato.
Bene, la Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 11158 del 2019, ha mostrato di condividere quell'orientamento secondo cui, in tema di furto, la sottrazione o asportazione della sabbia o della ghiaia dal lido del mare o dal letto dei fiumi determina la configurabilità del furto aggravato dell'esposizione della cosa alla pubblica fede giacché il prelievo del materiale lede, attraverso il danno idrogeologico all'arenile, la pubblica utilità dei fiumi o la fruibilità dei lidi marini.
La Corte ha anche precisato che non possono ritenersi punibili comportamenti solo minimamente incidenti sulla cosa, e cioè l'asporto di quantità irrilevanti di sabbia per attività ricreative, che non ledono il bene giuridico e non concretizzano l'illecito penalmente rilevante.
Tutto corretto.
Petò a questo punto mi domando: in quale modo si individua l'esatto confine tra una quantità ingente (che costituisce reato) ed una modica quantità (che non riveste rilievo penale)? Il fatto dev'essere valutato complessivamente, tenendo conto anche del luogo o della porzione di spiaggia “rubata", dell'eventuale vincolo paesaggistico o culturale del luogo, e dell'effettiva sussistenza di quel “pericolo idrogeologico” che si vuole scongiurare.
Insomma, un bel grattacapo. Speriamo non si alzi il vento.
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