Dalla baby Nazionale di Mancini un seme per l'Italia?


Non basta essere giovani o facce nuove: i vari Barella, Zaniolo, Kean, Bernardeschi hanno anche tanta stoffa...


di Francesco De Palo
Categoria: Editoriale
24/03/2019 alle ore 08:20



Va bene giovani, va bene che hanno entusiasmo e che addosso hanno argento vivo. Ma per restare a certi livelli dovranno essere anche molto bravi.

Il calcio delle ultime ore ci offre una metafora per ragionare sulle mille paure italiane, rese ancora più protofaniche dopo le firme del memorandum con la Cina che ci hanno attirato gli occhi di mezzo mondo.

La nuova baby Nazionale di calcio guidata da Roberto Mancini ha vinto la sua prima gara di qualificazione all'Europeo e lo ha fatto mettendo in vetrina nuovi giovani promettenti talenti del calcio italiano. Anche se è un po'presto per valutare chi di loro diventerà un campione e se “durerà” nel tempo come i campioni che hanno fatto la storia del pallone tricolore, spicca una considerazione dai 90 minuti di ieri. Ovvero che oltre alla freschezza e all'entusiasmo, e al fatto di essere tutte facce nuove e illibate, questa volta sotto c'è anche tanta stoffa.

Quella stoffa che si sta apprezzando nelle geometrie di Barella, negli scatti di Kean, nell'estro di Zaniolo, nella disciplina di Biraghi e nelle folate di Chiesa junior. Che significa? Che stavolta dai più giovani, al momento senza tatuaggi o eccessi estrosi nella scelta delle autovetture, sta arrivando un segnale di normalità mescolata a novità.

Ci vogliono dire che nell'era dei super campioni a dieci zeri, dei fenomeni che annunciano la pace nel mondo o che promettono vagonate di posti di lavoro, la chiave si trova in una straordinaria normalità poggiata su un semplicissimo assioma: chi è bravo va avanti, produce frutti e non è una meteora per un solo giro sulla giostra.

Semplice, certo, ma attuale e applicabile a mille ambiti.

 

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