Sette seggi a Legnini, c'è il ricorso al Tar


Dopo la reazione di D'Amico, Pietrucci, Di Matteo, Caramanico


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
24/03/2019 alle ore 07:59



Chiedono l’annullamento del verbale dell’ufficio elettorale che ha attribuito 7 seggi al Movimento cinque stelle e 5 alle liste collegate a Giovanni Legnini. Oppure, in subordine, la richiesta di sollevare la questione di legittimità costituzionale davanti alla Consulta. Perché il risultato elettorale, così come emerge dalla ripartizione dei seggi, ribalta completamente la volontà popolare.

E’ stato presentato oggi davanti al Tar il ricorso contro il risultato elettorale della Regione Abruzzo del 10 febbraio scorso: a firmarlo gli avvocati Sergio Della Rocca, Antonio D’Aloia e Giulio Cerceo per conto di Luciano D’Amico, Pierpaolo Pietrucci, Donato Di Matteo e Franco Caramanico, i consiglieri più votati nelle rispettive liste circoscrizionali e non eletti.

Una ripartizione illegittima, secondo i ricorrenti: sono stati 294.847 i voti validi della coalizione “Marsilio Presidente”, 183.580 i voti validi della coalizione “LegniniPresidente”, 118.393 i voti validi della lista “Movimento 5 Stelle” collegata alla candidata Sara Marcozzi e in 2.553 i voti validi della lista Flajani collegata a “Casa Pound”. Il sistema elettorale della Regione Abruzzo prevede che i primi due seggi di Consigliere Regionale vengano assegnati al Presidente eletto e a quello risultato secondo. Per quanto riguarda i restanti 29 seggi, che gli stessi vengono assegnati con criterio proporzionale, riconoscendo alla coalizione di liste collegate al candidato proclamato eletto alla carica di Presidente della Giunta Regionale un premio di maggioranza. L’Ufficio elettorale ha attribuito 17 seggi alle liste di Marsilio, mentre per i restanti 12 seggi, non avendo Casa Pound raggiunto la cifra minima per essere ammessa in Consiglio, ha provveduto alla ripartizione tra le listeLegnini e Marcozzi. Ma nonostante la lista Legnini abbia riportato 183.580 voti e il “Movimento 5 Stelle” abbia conseguito 118.393 voti, l’attribuzione dei seggi effettuata dall’Ufficio Centrale Regionale Elettorale è stata di appena 5 seggi alla coalizione di liste collegate al candidato Giovanni Legnini e di ben 7 seggi alla lista collegata alla candidata Sara Marcozzi.

Una evidente distorsione, secondo i legali dei ricorrenti, del principio di rappresentatività del voto e del criterio proporzionale, poiché ad uno schieramento politico che, come visto, ha riportato 1/3 di voti (70.000 voti) in meno, sono stati attribuiti 2 seggi in più, rispetto a chi ha conseguito, in concreto, una percentuale di voti validi nettamente superiore (20,20% contro il 31,28%). E’ come se il voto di un elettore del Movimento cinquestelle valesse più del doppio di un elettore dello schieramento di Legnini. “Il coefficiente di distorsione si pone così davvero oltre ogni limite di tollerabilità costituzionale”, scrivono i legali.

Eppure, viene evidenziato nel ricorso, il legislatore regionale si ispira ad alcuni criteri cardine: ha indicato esplicitamente il criterio proporzionale, ha vincolato la presentazione delle liste alla dichiarazione di collegamento con uno dei candidati alla carica di Presidente della Giunta regionale, ha previsto la possibilità di indicare un patto di coalizione con uno dei candidati alla carica di Presidente della Giunta Regionale, ha precluso l’esercizio del voto disgiunto, ha previsto l’assegnazione dei seggi per le liste che abbiano raggiunto il 2% dei voti validi, se collegati a una coalizione che ha superato il 4%.

“Ciò delinea un sistema elettorale in cui la proporzionalità è univocamente riferibile alle coalizioni formatesi in relazione a ciascun candidato Presidente. Del resto, non va dimenticato che il modello di ordinamento regionale si configura quale modello presidenziale e non parlamentare, per cui appare indispensabile valorizzare la forma di governo presidenziale anche per quel che concerne la rappresentanza delle minoranze”.

lnsomma, l’Ufficio Centrale Regionale Elettorale avrebbe dovuto previamente determinare la cifra elettorale attribuita a ciascuna coalizione di liste, per poi procedere alla ripartizione dei seggi tra i gruppi di liste di ciascuna coalizione.

Invece no, invece ha attribuito 7 seggi al “Movimento 5 Stelle”, di cui 3 in Provincia di Chieti, 2 in Provincia di Pescara, 1 in Provincia di L’Aquila e 1 in Provincia di Teramo, mentre alla coalizione di liste collegate al candidato Presidente Giovanni Legnini ne ha attribuiti solo 5, di cui 2 a Teramo, 1 a L’Aquila, 1 a Pescara e 1 Chieti. I seggi nel mirino sono quelli assegnati al “Movimento 5 Stelle” nella circoscrizione elettorale di Chieti, a Francesco Taglieri Sclocchi, e al secondo degli eletti a Pescara, Barbara Stella.

Con la corretta applicazione della legge, secondo i ricorrenti, dovevano essere attribuiti alla coalizione di liste collegate alla carica di Presidente della Regione Giovanni Legnini, assegnandoli ai candidati che hanno riportato i migliori resti, così come risulta dal verbale delle operazioni dei quattro Uffici circoscrizionali.

Quindi la legge, a detta dei ricorrenti, evidenzia profili di palese irrazionalità,

“producendo una sorta di rovesciamento del voto espresso dagli elettori, in contraddizione con quella che dovrebbe essere la caratteristica intrinseca di un sistema elettorale di tipo proporzionale: vale a dire rappresentare in modo tendenzialmente fedele gli orientamenti del corpo elettorale e la distribuzione complessiva delle preferenze elettorali tra le forze politiche”.

Di fronte ad un risultato elettorale così incomprensibile e contraddittorio rispetto al modello prescelto, l’alternativa appare secca, si legge nel ricorso: o è stata interpretata (e applicata) male la normativa di riferimento, oppure è proprio questa (vale a dire la legge regionale) a presentare elementi di irrazionalità da far dubitare della sua legittimità costituzionale.

twitter@ImpaginatoTw