L’onestà non può bastare. Diventa una bugia. Sopratutto se mancano la cultura dello Stato, la capacità e l’esempio. A volte, addirittura, non basta neppure in presenza di queste qualità. Figurarsi senza.
Araldo di Crollalanza, ministro dei lavori pubblici di Mussolini, durante la costruzione di quel gioiello architettonico della Capitale che la Repubblica ha poi ribattezzato “Foro Italico”, per seguire passo passo l’attività, dormi in un vagone ferroviario. Alla fine, quando l’opera fu completa e anche l’obelisco fu issato, si recò dal Duce e, mostrandogli i risultati del lavoro compiuto, gli mise anche sul tavolo il denaro avanzato: cinquecentomila lire (l’equivalente dello stipendio mensile di circa mille lavoratori di allora).
Araldo di Crollalanza (cui anche Bari deve il suo splendido lungomare) era geneticamente onesto. Ma, anzitutto, era persona capace e competente. Un esempio, appunto. Che tuttavia non bastò ad impedire che durante il regime ci fossero fior di incapaci, di profittatori e di ladri. Anzi.
Ecco, tornando all’oggi: i cinquestelle rischiano di perdere la partita proprio su questo versante. Perché dopo aver spinto, strumentalmente, sull’acceleratore dell’onestà, alla prova di governo si stanno mostrando titubanti, incompetenti, poco capaci. E perché, com’era più che logico, i disonesti circolano pure tra le loro fila.
L’onestà non basta predicarla e neppure praticarla quando è l’occasione che fa l’uomo ladro. Ancor di più se mancano cultura dello Stato, capacità ed esempio.
Riflettano quindi i pentastellati. E magari, invece di associare, come hanno fatto finora, il primo che passa o, peggio, promuovere il presunto “duro e puro”, comincino ad individuare e cooptare competenza, qualità e capacità. Perché altrimenti, l’onestà non può bastare. Diventa una bugia.
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