L'Abruzzo perde colpi e imprese


Va tutto bene, madama la marchesa...


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
12/03/2019 alle ore 08:26



L’Abruzzo perde colpi. E perde imprese. Dal 2014 al 2018 sono state 2.366 le imprese che hanno chiuso i battenti, passando dalle 129.488 del 31.12.2013 alle 127.122 del 31.12.2018.

Nello stesso periodo, in termini percentuali, l’Abruzzo flette dell’1,83%, valori pari al triplo della decrescita media a livello nazionale (-0,68%). Lo studio è dell’economista Aldo Ronci.

A livello provinciale le variazioni sono state molto diverse tra loro. L’unica a segnare un incremento è Pescara (+636), subisce la flessione più pesante Chieti (-1.416), registrano decrementi più lievi L’Aquila (-744) e Teramo (-842). Le variazioni percentuali rispecchiano i valori assoluti.

Pescara (+2,06%) registra un incremento, Chieti (-3,45%) annota il decremento più importante, L’Aquila (-2,88%) e Teramo (-2,65%) segnano decrementi più lievi.

Dal 2014 al 2018 l’Abruzzo subisce forti decrementi nelle costruzioni (-2.091) e nell’agricoltura (-1.622); seguono il commercio (-727) e l’industria (-587), ottengono incrementi le attività ricettive (+472), i servizi alle imprese (+743) e gli altri servizi (+1.446).

A livello provinciale le attività economiche si distribuiscono in maniera disomogenea.

L’agricoltura flette vertiginosamente a Chieti (-919) e le costruzioni decrescono più intensamente a Teramo (-600) e all’Aquila (-580). Le attività ricettive (+196) e i servizi alle imprese (+240) crescono più fortemente a Pescara e, sempre a Pescara, gli altri servizi (+613) salgono vertiginosamente. Il commercio cresce in provincia di Pescara (+111) mentre flette nelle altre tre province.

L’unica attività economica che in Abruzzo ha una percentuale di imprese di gran lunga superiore a quella media nazionale è l’agricoltura che segna il 21%, a fronte del 14% italiano e registra uno spread di ben 7 punti percentuali.

Le attività agricole sono concentrate soprattutto nella provincia di Chieti. Che si caratterizza per un’alta percentuale di imprese dedite all’agricoltura 32%, più che doppia rispetto a quella media nazionale (15%). La provincia di Pescara si contraddistingue per un’alta percentuale di imprese che esercitano attività commerciali 31% contro il 27% della media nazionale.

La provincia di Teramo, invece, presenta una quota di imprese più alta nei settori dell’industria 13% contro il 10% e dell’agricoltura 19% a fronte del 14%.

La provincia dell’Aquila, infine, si caratterizza per avere percentuali superiori a quelle medie nazionali nei settori delle costruzioni 18% contro il 14% e delle attività ricettive 10% a fronte del8%.

Come mai questo nettissimo flop? Ronci lo spiega così:

“La perdita di 2366 imprese in Abruzzo dal 2014 al 2018 che in valori percentuali è stata il triplo di quella italiana è da ascrivere in larga misura all’artigianato e determinata dall’andamento di tre attività economiche: le costruzioni che, in valori percentuali, flettono in misura doppia rispetto al valore medio nazionale; le attività ricettive che, in valori percentuali, crescono la metà di quello italiano; l’agricoltura che nella sola provincia di Chieti decresce di ben 919 unità, decrescita molto alta dovuta sia al numero elevato di imprese agricole (32% del totale) che alla flessione percentuale che supera del 50% quella nazionale”

La flessione sarebbe stata comunque molto più pesante se la provincia di Pescara non avesse registrato un incremento di 636 unità influenzata: dalle costruzioni che, in valori percentuali, decrescono di 1/20 rispetto a quello nazionale; dal commercio che, in controtendenza sia al dato nazionale che a quello delle altre tre province, riesce a crescere; dagli altri servizi che, in valori percentuali, crescono il doppio rispetto al valore nazionale.

ps: toccherà ora alla nuova giunta cercare di metterci rimedio.

 

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