Perché la Cgil Abruzzo Molise dice no alla regionalizzazione della scuola


La Fratta a Impaginato: "Se si andrà avanti con questo progetto scellerato, mobilitazione sarà massiccia"


di Anna Di Donato
Categoria: ABRUZZO
19/02/2019 alle ore 08:40



No alla regionalizzazione dell’istruzione. Questo l’appello dei sindacati scuola e del mondo dell’associazionismo nei confronti della richiesta di ulteriori forme particolari di autonomia in materia di istruzione avanzata da parte delle Regioni Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e altre regioni.

Secondo la Flc Cgil Abruzzo Molise, che ha già manifestato contro questa ipotesi di autonomia, si tratta di un qualcosa “che pregiudica la tenuta unitaria del sistema nazionale in un contesto nel quale già esistono forti squilibri fra aree territoriali e regionali. I diritti dello stato sociale, sanciti nella Costituzione in materia di sanità, istruzione, lavoro, ambiente, salute, assistenza, vanno garantiti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale”. 
E sottolinea come l’istruzione nelle nostre regioni, necessiti di risorse per garantire organici adeguati, aumento del tempo pieno e investimenti sull'edilizia scolastica. 
“Altro che Sud che "deve impegnarsi forte": è questo Governo che deve dare manifestazione di maggiore impegno per i nostri settori”, aggiungono,  “Ci opporremo in ogni modo a questo progetto di secessione dei ricchi, che aggrava le difficoltà delle scuole del mezzogiorno, rompe l'unità del sistema di istruzione e introduce vere e proprie gabbie salariali. Insieme alle altre OO.SS, alle associazioni ed agli studenti, rivolgiamo pertanto un appello alla mobilitazione al mondo della scuola e alla società civile, per fermare un disegno politico disgregatore dell'unità e della coesione sociale del Paese”. 

RICHIESTE

Le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna hanno chiesto negli ultimi mesi maggiore autonomia e stanno portando avanti trattative in questa direzione con il governo nazionale. 
Tra le richieste, però, si è aggiunta anche quella dell’autonomia in materia di istruzione avanzata che ha incontrato la netta opposizione di sindacati e insegnanti. Entrambi hanno lanciato un appello, i sindacati con hashtag #RestiamoUniti e gli insegnanti tramite un gruppo social di docenti chiamato “Professione insegnante” che ha già raccolto 10mila firme. Rivolgendosi al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, hanno espresso il loro dissenso alla regionalizzazione dell’istruzione pubblica definendola “incostituzionale”. 

Ma che cosa hanno chiesto in particolare, Veneto e Lombardia? Nello specifico, chiedono di prendere parte all’organizzazione didattica, occuparsi di valutazione e alternanza scuola lavoro, bandire concorsi a livello regionale, gestire graduatorie precari nonché pagare in modo differenziato i salari dei docenti. Ciò significherebbe stipendi più alti per insegnanti e presidi ed è proprio questa eventuale disuguaglianza la richiesta più contestata. 

LA FRATTA

Il coordinatore regionale Flc Cgil Pino La Fratta dice a Impaginato: “La criticità maggiore è che si arriva a questa discussione senza avere ben chiare tutte le caratteristiche della regionalizzazione e quale sarà la conseguenza più che sulle Regioni che l’hanno chiesta, sulle altre. Questo perché quando alcune regioni chiedono di amministrare, alla fine della giostra, delle risorse in più rispetto a quelle che davano prima alle casse dello Stato, è evidente che a risorse date, le altre ne avranno di meno. In breve, il vero rischio che noi prefiguriamo è che dietro ci sia una sorta di secessione dei ricchi che andrà poi a far gravitare queste minor risorse sulle altre regioni che non hanno chiesto la regionalizzazione.

Si tratta di un tema che impatta molto sul Meridione, perché le uniche due regioni che non hanno fatto passaggi in tema di regionalismo e di autonomia differenziata sono appunto l’Abruzzo e il Molise. Su questo tema, considerato che i residui fiscali (le somme che avanzano dopo che si scomputa ciò che serve al funzionamento della macchina pubblica) sia in Abruzzo che in Molise non sono positivi e ci ritroveremmo con un saldo negativo, non crediamo che si possano amministrare in proprio servizi pubblici importanti come quelli dell’istruzione.

Ciò per le nostre regioni è uno svantaggio rispetto alle regioni del Nord, molto più ricche. Tra l’altro, il progetto, in particolare, ci sembra sbagliato. È vero che si pone nell’ambito dell’applicazione di una norma costituzionale (art.116 ter), però è pur vero che la costituzione chiede di fissare prima i livelli essenziali delle prestazioni, quel livello al di sotto del quale non si può andare e bisogna garantire in tutte le Regioni.

Con l’autonomia differenziata si parte senza fissare i suddetti livelli che andrebbero fissati prima di discuterne. 
Che poi, la Costituzione si dovrebbe applicare tutta, anche nella prima parte in cui l’art.2 e 3 dicono che bisogna rimuovere gli ostacoli che impediscono una vera uguaglianza. Ciò vuol dire che se noi abbiamo regioni svantaggiate anche dal punto di vista demografico, non si garantiscono risorse anche per far fronte eventualmente a un organico carente continuando a svantaggiarle.

Non si possono avere organici standardizzati su criteri numerici che valgono in Lombardia come in Abruzzo o in Molise, nelle aree interne come L’Aquila o la Marsica. Abbiamo un problema di popolazione, di giovani che vanno via. Se si pensa di poter dare lo stesso organico a tutte le regioni in base a criteri standard, si mette in crisi il sistema.

Anzi, bisogna fare investimenti maggiori perché la Repubblica è unica e c’è una norma che lo prevede. Bisogna rendere simili e uguali a parità di condizioni. A tal proposito, quando un ministro della Repubblica parla di Scuole del Sud e Scuole del Nord è un problema”. 

Cosa pensa della petizione e delle diversità di stipendi che potrebbe scaturire dalla regionalizzazione differenziata? "Ci stiamo mobilitando in vari modi, anche online. Finora si trattava di intese nascoste, quindi è bene adesso che se ne parli. Il tema delle gabbie salariali potrebbe essere un rischio. Se si leggono le bozze dell’intesa del Veneto e della Lombardia, si teme che dietro vi sia la volontà di costituire, per queste due regioni, una scuola lombardo-veneta, con insegnanti reclutati da loro, concorsi regionali, ed eventualmente con stipendi diversificati, maggiorati rispetto a quelli che abbiamo al Sud. Questa cosa comporta una differenziazione in un Paese che, essendo unico, non deve esistere.

Ci sarebbero contratti per ogni regione e l’impossibilità da parte del Sud di garantire gli stessi stipendi delle regioni del Nord. In questa fase ci sono molte petizioni online, bisogna informare e cercare di capire anche che idee abbia il nuovo consiglio regionale rispetto a questo nuovo progetto. È importante far ragionare anche i nostri rappresentanti in Parlamento perché devono confrontarsi e devono venire alla luce le loro idee su questo tema.

Non è possibile non discuterne. Crediamo che dietro ci sia un progetto preciso perché inizialmente la Lega aveva in progetto anche la secessione, aveva manifestato idee di questo tipo che sta portando avanti all’interno di un contratto di governo che lo vede come importante. La cosa buona è che a tal proposito c'è grande mobilitazione da parte delle sigle sindacali e dell’associazionismo, degli studenti. Se si andrà avanti con questo progetto scellerato, la mobilitazione sarà massiccia. Facciamo assemblee molto partecipate, in cui si discute e si ragiona. 

Una cosa pericolosa è che si vada davanti al Parlamento e non si ritenga possibile nemmeno modificarle queste intese perché quando i testi saranno definitivi, il procedimento prevede che il Parlamento voti a favore o contro. Non si possono emendare ed è grave perché il voto in Parlamento ha la sua importanza. Temiamo che dietro ci sia anche una volontà di buttarla in politica, perché votare contro questo progetto significherebbe per una parte della maggioranza uscire anche, ad esempio, dal governo. Non è comunque detto che le regioni traggano vantaggi da questa scelta.

Anche al Nord iniziano ad apparire criticità, perché non è tutto ricco, ci sono anche aree più povere. Bisogna far capire che questo è un progetto che mira a separare e potrebbe nascondere rischi per lo stesso Nord”. 

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